Il Comitato non ce la beviamo non ha dubbi. La situazione disastrosa in cui versa Talete va imputata ai sindaci, che finora, per la gran parte, sembrano essersi sempre disinteressati dello stato di salute della società, e del Pd rappresentato all’interno della Regione, ovvero della Provincia governata dal presidente Nocchi.
Il punto della situazione è stato fatto durante una conferenza stampa indetta per ribadire il netto dissenso dei comitati ad un ulteriore aumento delle bollette. Sotto accusa, come detto, il Pd di Zingaretti, ossia di Panunzi, “colpevole – hanno sottolineato Paola Celletti, Carlo Mezzetti e Francesco Lombardi – di non voler applicare la legge per la ripubblicizzazione della risorsa idrica, superando il modello degli ambiti territoriali ottimali sull’intero territorio provinciale”. Modello ritenuto propedeutico alla privatizzazione.
“Nel 2011 – ha ribadito Celletti – c’è stato un referendum che ha parlato chiaro. Si sono tutti voltati dall’altra parte”. Dunque, “No all’aumento delle bollette e, da parte della Regione, obbligo di mettere i soldi per far funzionare i dearsenificatori: “Ci vogliono 9 milioni all’anno per abbassare l’arsenico: da qui l’aumento delle bollette. Deve essere la Regione a coprire il costo di questi depuratori”.
Non sono mancate stoccate a chi, come Alvaro Ricci, che l’altro giorno in un’intervista ha detto che la politica deve uscir fuori da Talete, rinnegano se stessi: “Singolare che a sostenerlo – ha affermato Mezzetti – siano politici navigati, ovvero i responsabili di ciò che vediamo oggi”. Dal canto suo per Lombardi il tempo dello scaricabarile è finito: “Va abbandonata la gestione dell’acqua in termini di modello Ato e si deve passare a un modello fondato sui bacini idrografici: in provincia di Viterbo ce ne dovrebbero essere cinque”.
A questo punto, la parola ai sindaci, che il 28 dicembre possono cambiare le carte in tavola.