Il sindacato Si Cobas organizza per sabato mattina, con inizio alle ore 7, una manifestazione davanti all’ospedale Sant’Anna di Ronciglione per chiederne la riapertura.
Così in un comunicato: “Dopo 10 mesi dall’inizio della diffusione virale, divenuta pandemia, e dall’inevitabile crisi sanitaria ed economica che ne sono derivate – sempre e solo a discapito dei lavoratori, precari, disoccupati e più in generale della classe che, anche senza pandemia vive, o meglio sopravvive, con scarse tutele – le risposte sono state una sequela di Dpcm e bonus tappa-buchi e contentini, ritrovandosi oggi di nuovo alla casella di partenza e in condizioni peggiori. Se prima dall’alto si arrampicavano sugli specchi con la scusa che era tutto nuovo, ora è palese ciò che per noi lo era dall’inizio: la politica, intesa come governo, ma più a fondo come sistema
sociale-economico che ne muove le fila, non è in grado di gestire questa situazione. Ed eccoli a ricorrere in fretta e furia alla riorganizzazione in centri Covid, di ospedali dismessi o quasi, sospendendo anche quelle ultime prestazioni che erogavano, senza la certezza di come, e se, riprenderanno, così come il destino delle decine di lavoratori ad oggi trasferiti da un centro
all’altro, per far fronte ad una carenza di personale, posti letto e in generale alla loro mancanza di capacità nel gestire la sanità e le sue problematiche”.
“Proprio riguardo questo aspetto prettamente lavorativo – continua il Si Coibas – è di ieri la notizia della mancanza di personale sanitario (sia infermieri, sia oss) all’interno del reparto Covid dell’ospedale di Montefiascone, reparto che sarebbe dovuto essere a bassa intensità e quindi per la degenza di casi Covid lievi, ma da quanto si apprende sempre dalla notizia, risulta essere esattamente il contrario, con 2 infermieri per turno ad assistere 24 malati. Ancora una volta il profitto vince sulla salute dei lavoratori e ancora una volta noi diciamo basta a tutto questo! Nella loro ottica di comodo di salvaguardia della salute dei cittadini, maggiori posti letto per la degenza sono innegabilmente utili, ma qui si dipana il nodo cruciale della nostra posizione: la salute non è una merce. Facile correre (male) ai ripari nel momento di massima necessità, quando per tutto il resto del tempo queste strutture, i posti di lavoro ad esse relativi e quindi in generale il potenziamento della sanità, sono stati abbandonati a loro stessi… L’ennesima riprova di tutto ciò è quello che sta accadendo negli ospedali della nostra provincia: se l’ospedale di Montefiascone, così come quello di Ronciglione, fossero stati ristrutturati e rimodernati negli anni, se anche solo i loro pronto soccorso fossero stati mantenuti aperti e non chiusi, solo per una mera questione di numeri, come da tempi non sospetti affermiamo, sicuramente oggi l’ospedale Belcolle non sarebbe così congestionato ed in generale ci sarebbero stati più posti letto utilizzabili, invece di ricorrere ai Covid hotel… Stesso discorso vale per il potenziamento dell’ospedale di Civita Castellana e di ogni altra città della provincia. Questo correre ai ripari all’ultimo secondo, oltre a palesare incapacità, fa riflettere su un dato concreto: i soldi ci sono! Ne sono un esempio le costose convenzioni con strutture private o alberghi per la degenza dei pazienti dimessi dai reparti Covid, ma che ancora non possono
tornare a casa, come quella che la Asl di Viterbo ha recentemente stipulato con una struttura del capoluogo, per un periodo di 4 mesi e con un costo complessivo di 652.708 euro. Oppure basti pensare che solo per Ronciglione in questi anni sono stati stanziati 1.838.000 euro per convertire il P.P.I. in Casa della Salute, e la conversione avviene non tanto per mancanze strutturali o altro, MA SOLO ED ESCLUSIVAMENTE PER IL NUMERO DI ACCESSI: QUESTO NON PUÒ ESSERE UNA DISCRIMINANTE SUL NUMERO DI VITE SALVATE! Ogni centro abitato deve essere adeguatamente fornito di nuclei per gestire emergenze e ricoveri! Proprio la mancata capillarità (e qualità) del servizio sanitario è, anche, causa della crisi sanitaria attuale: una presa in carico di casi non Covid da parte degli ospedali e dei Pronto Soccorso ipoteticamente sparsi sulla provincia, non avrebbe portato alla situazione attuale! Il flusso di fondi verso, guarda caso, il settore privato, sarebbe potuto invece servire a potenziare il già di per sé fatiscente SSN, con nuove assunzioni di personale sanitario e con la ristrutturazione dei vari plessi ospedalieri; queste carenze e servizi al limite invece, hanno gravi conseguenze sia sulla salute dei pazienti, sia su quella dei lavoratori del settore: ne sono un triste esempio le morti tra gli infermieri degli ultimi giorni”.
“In nome del capitalismo si deve lavorare in fabbriche-pollaio, gli infermieri sono costretti a fare 14 ore di turno per sopperire alla mancanza di personale e così via. La pandemia e la crisi stanno mostrando definitivamente il vero volto di questa società, fatta di fame, sfruttamento e morte sempre e solo a discapito delle classi che sopravvivono con
difficoltà. A tutto questo rispondiamo che la nostra salute e la nostra vita valgono più del loro sporco profitto! RIAPRIRE GLI OSPEDALI E I PRONTO SOCCORSO!”.