Attenti a dove piantate le nocciole. Soprattutto guai metterle al posto delle coltivazioni tradizionali caratteristiche del paesaggio della Tuscia (ulivi e vigne). Entra così nella contesa, come riporta il Corriere di Viterbo, la soprintendente, Margherita Eichberg, con una lettera inviata alla Regione, al presidente della Provincia, Pietro Nocchi, ai sindaci della Tuscia e a quelli della provincia di Roma, contenente, scrive appunto il Corriere di Viterbo, una “nota procedurale per l’autorizzazione di interventi di sostituzione di colture tradizionali con noccioleti o altre essenze non tipiche dei luoghi”.
“Nei casi in cui l’intervento ricade in aree classificate come paesaggio agrario rilevante e paesaggio agrario di valore – dice la Eichberg – non è ammessa l’avulsione di impianti colturali arborei con valore tradizionale tipici della zona”. E ancora: “Questa Soprintendenza ha rilevato in particolare come in diverse zone del territorio alla tradizionale coltura dell’olivo con specie autoctone di particolare pregio, da considerare vere eccellenze della produzione locale, a volte anche contraddistinte dai marchi di produzione dop, doc, docg, vengano spesso sostituiti impianti di noccioleto, essenze comunque non autoctone e palesemente non storicizzate. Tali colture, oltre a comportare rischi per le produzioni locali di eccellenza, adducono una inevitabile alterazione dei caratteri indentitari del paesaggio agrario e fondiario”.
“La corilicoltura è una risorsa – ha spiegato al Corriere di Viterbo Famiano Crucianelli, presidente del Biodistretto delle Forre e della Via Amerina – che però rischia di diventare un problema. Stiamo assistendo, infatti, in questi anni a una vera e propria colonizzazione di tipo industriale del nostro territorio. Si stanno cannibalizzando anche territori oltre confine, in Umbria, perché ormai da noi i terreni sono diventati troppo cari. Il tutto a scapito della biodiversità, un problema che non è solo di natura estetica come qualcuno sostiene, ma più complesso. Monocoltura significa infatti chimica: è un binomio inscindibile. Significa perdita del sistema immunitario delle piante, inquinamento delle acque e del terreno, oltre al consumo delle risorse idriche”.
“La nota positiva – ha aggiunto Crucianelli – è che tra gli amministratori la sensibilità sull’argomento si sta diffondendo sempre più. Sono state fatte anche ordinanze molto restrittive. Ma c’è ancora da fare: soprattutto per i controlli. Un piccolo comune con un solo vigile non ce la può fare”.