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Home » Politica » Test sierologici, all’Unitus una ricerca per migliorare i referti

Test sierologici, all’Unitus una ricerca per migliorare i referti

18 Novembre 2020

Una ricerca condotta dal dipartimento di biologia dell’Università della Tuscia, in collaborazione con il Centro Giovanni Paolo I, dove lavorano ex studenti dell’ateneo, ha portato alla scoperta, nel sangue di pazienti negativi ai test sierologici, di linfociti venuti a contatto con il Covid. Linfociti che infatti conservano la “memoria” del virus. Di fatto, questa scoperta potrebbe spiegare il cosiddetto fenomeno dei falsi negativi e potrebbe essere fondamentale per mettere a punto test più attendibili.

“I risultati preliminari – dice il professor Giuseppe Scapigliati – indicano che in alcuni casi, in cui non si rilevano anticorpi circolanti in sierologia, si può verificare una positività in un sistema cellulare, che sembrerebbe consentire un monitoraggio degli anticorpi specifici prodotti in vitro contro il virus”.

Quella tra l’Unitus e il Giovanni Paolo I viene giudicata dall’ateneo una cooperazione scientifica ancor più significativa se si pensa che il Centro è stato creato da due ex studenti e ora è punto di riferimento per la diagnostica.

“Il test delle cellule, denominato Cell-Elisa, è basato sulla valutazione degli anticorpi direttamente dai linfociti della memoria  e potrebbe divenire utile – prosegue il professor Scapigliati – per identificare quelle persone che hanno incontrato il virus, ma possono risultare negative al test sierologico a causa di anticorpi circolanti non più rilevabili. Una volta che i risultati preliminari pubblicati saranno estesi ad una casistica più ampia, il monitoraggio incrociato mediante l’utilizzo del test molecolare  per il rilevamento del virus, del saggio sierologico classico e descritto Cell-Elisa, potrà essere di aiuto per valutare la durata nel tempo della memoria anticorpale per il virus Sars-CoV-2”.

Il progetto ha dunque come obiettivo quello di valutare la presenza di anticorpi contro il Covid e la relativa memoria immunologica delle cellule che li producono. Questo approccio potrebbe rappresentare un potenziamento delle analisi sierologiche classiche, infatti i risultati preliminari delle indagini, pubblicati nella rivista scientifica Viruses, sono incoraggianti e stimolano a procedere per definirne la specificità e l’affidabilità in vista di una loro possibile applicazione nel campo diagnostico.

“Il fulcro e l’obiettivo della ricerca pubblicata sta nella valutazione della memoria immunologica – spiega Gianpaolo Zarletti del Giovanni Paolo I – attraverso un test eseguito nel centro diagnostico abbiamo potuto osservare che i linfociti B stimolati in vitro con la proteina spike del Sars-CoV-2 hanno prodotto anticorpi anche in alcuni pazienti il cui siero era risultato negativo”.

Del gruppo di ricerca, coordinato dal professor Giuseppe Scapigliati, fanno parte i dottori Gianpaolo Zarletti, Massimo Tiberi e Veronica De Molfetta, che, come detto, sono ex-studenti dell’ateneo. La ricerca, approvata dal Comitato etico dell’ospedale Spallanzani di Roma, si avvale anche di collaborazioni con ricercatori esterni all’ateneo della Tuscia per l’analisi dei dati clinici.

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