Rigettare il taglio dei parlamentari, secondo i promotori del no, significa riaffermare che la qualità della democrazia parlamentare deve prevalere sulla logica di appartenenza ad un gruppo politico. Ovvero, evitare un eccessivo peso dell’esecutivo nei rapporti di forza con le Camere. D’altra parte, è il parere di molti, il prezzo della democrazia non può valere 285 milioni di euro a legislatura, ovvero lo 0,007% della spesa pubblica italiana.
Le giustificazioni del taglio dei parlamentari, che comporterebbe Camere più snelle ed efficienti, non trovano accoglimento, visto che rimarrebbe il bicameralismo perfetto. In sostanza, se veramente si volesse l’efficientamento del Parlamento servirebbe una revisione dei meccanismi di formazione del processo legislativo, argomento ignorato dalla riforma. Aspetto infine da non sottovalutare è il rischio che corre il Senato di non vedere adeguatamente rappresentate le Regioni più piccole, soprattutto per le formazioni politiche minori. Lo svilimento della rappresentatività, con la vittoria del Sì, appare certo.
Insomma, votando sì, a fronte di un risparmio ininfluente, rincorso per lisciare il pelo al populismo, molti territori perderebbero la rappresentatività parlamentare. E di fatto con la vittoria del Sì smantelleremo definitivamente la politica per metterci nelle mani della tecnocrazia.
Da qui gli appelli di molti esponenti politici – come ad esempio i popolari del Pd (Giuseppe Fioroni), Valter Veltroni, Forza Italia – a votare no per non ammazzare una politica già in fin di vita.