Dal Corriere di Viterbo riprendiamo e pubblichiamo un’intervista a Giuseppe Fioroni a firma di Massimiliano Conti
Un new deal contro la decrescita infelice della provincia di Viterbo. Numeri di un drammatico declino alla mano, è l’ex parlamentare Giuseppe Fioroni a chiamare tutte le forze sociali e politiche a uno scatto di reni sfruttando le risorse messe a disposizione dal Mes e dal Recovery fund. Fioroni propone un “piano di rinascita” esteso a tutti i settori ma che fa perno in particolare sulle grandi opere, ad iniziare dall’eterna incompiuta Trasversale. Che la bella e addormentata Tuscia sia ormai la porta d’ingresso del Mezzogiorno d’Italia lo dicono tutti gli indicatori, come quelli contenuti nella relazione 2018 dell’istituto Tagliacarne presentato dalla Camera di commercio: nel 1998 Viterbo era la 68ma provincia in Italia per prodotto interno lordo; nel 2016, ultimo dato disponibile, era scivolata all’86ma posizione. I dati della società italiana di statistica, messi tutti in fila da Fioroni, confermano: la Tuscia per pil pro capite è penultima nel Lazio, sia in valore assoluto e percentuale sia nel differenziale di incremento. E ancora: ai prezzi correnti il valore aggiunto pro capite nel 2012 nel Viterbese era di 18.314 euro, nel 2018 di 18.762, con un incremento di appena il 2.44%, a fronte del 3.77 regionale e dell’8.49 nazionale. Sempre in base ai dati Sis, nel periodo 2014-2018 Viterbo è stata l’unica provincia del Lazio in cui il tasso di inattività è aumentato: dal 32.32 al 36.5%. Altri dati significativi sono quelli Polos: all’alba del millennio l’indice di disoccupazione era al 9.8, 18 anni dopo è precipitato all’11.8. Scendendo nel dettaglio dei singoli comparti, nel 2000 l’incidenza dell’agricoltura sul Pil provinciale era dell’8,2% (369 milioni di euro), quella delle costruzioni del 5,1 (227 milioni) e quella dei servizi del 68,4 (3 miliardi di euro). Nel 2018 l’incidenza del comparto agricolo con 299 milioni è scesa al 5.1% (miracoli della monocoltura della nocciola), quella delle costruzioni è rimasta pressoché stabile al 5.2% (304 milioni di euro), mentre quella dei servizi è salita al 79.9% (4 miliardi e 960 milioni euro). Infine, per il periodo 2012-2017 la variazione settoriale del valore aggiunto, in percentuale sul totale e ai prezzi correnti, segnala una perdita del 17.3% del comparto agricoltura-silvicoltura e pesca (a fronte di un aumento del 2.5% nel Lazio e del 4% in Italia), del 18.8% delle costruzioni (nel Lazio e in Italia il comparto edilizio scende rispettivamente dell’8.4 e del 7.1%), e un aumento dei servizi del 3.6 (nel Lazio 7.2, in Italia 6.8). La diagnosi è impietosa: “Siamo una provincia fondata sui servizi con una presenza industriale limitata al comparto ceramico di Civita Castellana e con una potenzialità agricola non adeguatamente sfruttata”, nota Fioroni, secondo cui la crisi post Covid rischia di essere il colpo di grazia per l’economia viterbese, togliendo linfa vitale anche a quel turismo, per metà straniero, che nell’arco di un ventennio è stato l’unico settore in ascesa (è passato dagli 845 mila visitatori del 2002 ai 2 milioni e 331 mila del 2018). “E’ arrivato il momento che le forze politiche, sociali ed economiche – sottolinea l’ex ministro – affrontino una sfida vera, quella dell’elaborazione di un progetto di sviluppo complessivo del territorio. Un progetto Viterbo che possa trovare una risposta sia negli investimenti del Mes per il comparto sanità che nel Recovery found, che inverta una rotta prima del baratro”. Fioroni invita Zingaretti e i consiglieri regionali viterbesi a fare la loro parte. L’esponente del Pd indica gli investimenti chiave per aprire un’economia chiusa come quella viterbese: opere pubbliche immediatamente cantierabili (Trasversale, Cassia, Autostrada del mare), ammodernamento ferroviario che superi il valico di Bracciano e preveda l’alta velocità ad Orte; potenziamento del centro merci di Orte e del porto di Civitavecchia; rilancio dell’agricoltura superando l’attuale monocoltura e puntando su stabilimenti per la trasformazione e commercializzazione delle nocciole; turismo lento, promozione e riqualificazione dei piccoli borghi e del loro patrimonio abitativo; valorizzazione delle forze armate e delle caserme; rilancio delle strutture sanitarie territoriali e della rete ospedaliera per mettere fine alla fuga di pazienti. “Mai come in questa fase, bisogna evitare la dispersione di risorse – conclude Fioroni – . La Regione abbia il coraggio di scegliere”.