E’ la cronaca di una morte annunciata quella avvenuta al Comune di Civita Castellana. Onore a Franco Caprioli che ha preferito uscire di scena a testa alta piuttosto che ingoiare ancora bocconi amari e indigesti. Professionista prestato alla politica, ha avuto il coraggio di mettere in pratica ciò che nessun politico di professione, di qualsiasi colore, destra o sinistra che sia, si sarebbe mai sognato, neanche lontanamente, di fare.
Dimissioni. A casa lui, ma anche gli altri. Che infatti l’hanno presa malissimo. Non se l’aspettavano. No, con questa tempistica sicuramente no. Occhi sbarrati dai banchi della maggioranza. Incredulità. Silenzio. Ha parlato l’ultima arrivata, la neo assessora all’ambiente Giulia Pieri. Incazzata e nervosa, si è ritrovata catapultata in poche ore dalle stelle alle stalle. Non lo immaginava e non se lo augurava per la propria carriera. Ha preso la parola, ha attaccato il sindaco, reo di non aver mantenuto il patto politico rinnovato solo una settimana fa, ma soprattutto responsabile di averle sfilato la poltrona sotto il sedere. A vent’anni, coi tempi che corrono, sull’indennità non ci sputa nessuno.
Caprioli esce di scena per motivi di salute, così si è giustificato in un primo momento, ma è solo una mezza verità, durata il tempo dei lampi che ieri sera si abbattevano sulla cittadina della ceramica. L’altra metà della realtà è emersa nella replica alla Pieri: “Le mie condizioni di salute sono peggiorate grazie a voi”. Un atto d’accusa durissimo, buttato come benzina sull’incendio innescato dai nuovi leghisti e destinato adesso a bruciare le loro stesse ambizioni politiche.
Avevano tolto a Caprioli gli assessori di cui si fidava di più: il collega commercialista Marco Gemma e Paola Goglia. “O ti tieni loro o ti mandiamo a casa”, gli avevano intimato i rivoltosi capeggiati da Valerio Turchetti riuniti all’Aldero Hotel. Il poveretto ha incassato, pressato dal senatore Umberto Fusco e dal commissario Enrico Contardo. In dieci giorni è andato due volte in ospedale. Alla fine li ha mandati a casa lui.
Sul perché della crisi se ne stanno dicendo tante. Si è parlato e si parla di interessi di questo o quello su progetti urbanistici e insediamenti industriali (cave e impianti rifiuti), ma nulla è provato. Tutto è affidato alle chiacchiere, alle illazioni, al pettegolezzo. Come tali è sicuro che molte delle cose dette siano, magari pur a fronte di qualche dato di fatto, anche frutto di realtà parallele, opinabili e discutibili. Certa è invece la mancanza del collante. Politicamente ci si è trovati di fronte a una maggioranza messa insieme prendendo i pezzi di una destra che in questa città non è stata mai troppo forte, ma che stavolta ha avuto la fortuna di trovarsi al posto giusto nel momento giusto.
Le elezioni, col senno di poi è sempre più chiaro, le vinsero Caprioli, volto nuovo in politica dotato di credibilità personale e allo stesso tempo sconosciuto quanto basta per non essere odiato da nessuno, e Salvini che, forte dell’alito vitale che aveva un anno fa, avrebbe fatto vincere anche i morti. Gli altri recitarono la parte dei comprimari, però poi in quei panni ci si sono trovati stretti. Hanno osato oltre le loro possibilità e ora ne pagano pegno. Quando uno semina vento, prima o poi raccoglie tempesta.