Abbiamo letto, riportata dal Corriere di Viterbo, una notizia che merita una riflessione da parte dei cittadini e delle competenti autorità.
La Asl aggiudica una gara di quasi due milioni di euro ad un’azienda che non aveva i requisiti per vincere (e neanche per partecipare). Ma il 20 marzo scorso interviene il Consiglio di Stato, con una sentenza che, dopo aver smontato pezzo per pezzo il lavoro compiuto dalla commissione, costringe la direzione della Cittadella a rescindere il contratto sottoscritto con l’azienda in oggetto il 19 agosto dell’anno scorso.
A presentare ricorso era stata la ditta perdente, che aveva chiesto al Consiglio di Stato di accertare se l’amministrazione aveva valutato le offerte tecniche pervenute, aggiudicando l’appalto solo dopo aver ricevuto adeguata e comprova documentazione della capacità dell’impresa vincitrice a svolgere il servizio. I giudici rispondono no. Dicono che la commissione aveva giudicato le offerte senza verificare l’attendibilità di quanto dichiarato dai concorrenti, assegnando i punteggi senza premurarsi di verificare la veridicità di quanto dichiarato, ovvero assegnando un punteggio a un immobile del quale il concorrente non aveva disponibilità. Quando è emersa la problematica oggetto del contenzioso, dice sempre il Consiglio di Stato, la stazione appaltante ha avallato inoltre la modificazione dell’offerta sulla base di giustificazione inidonee, in violazione del principio della par condicio tra concorrenti.
Ci troviamo di fronte a un giudizio pesantissimo. Da considerare che il Cds si è espresso sulla base di tutte le carte ricevute dal ricorrente tramite accesso agli atti, carte che lo stesso ricorrente non aveva potuto produrre al Tar perché prima non gli erano state consegnate in tempo. Da notare anche che, in barba al principio di autotutela, il contratto – coincidenza – viene firmato non appena il ricorrente rinuncia alla sospensiva (sempre presso il CdS).
Ci chiediamo dunque: ma la Asl, ovvero i suoi vertici, perché non ha verificato né prima dell’aggiudicazione, né dopo i ricorsi, il possesso dei requisiti, tanto più che la società perdente aveva subito fatto notare le gravi anomalie? E ora, dopo la sentenza, che provvedimenti disciplinari hanno preso rispetto alle accuse mosse dal Consiglio di Stato?
E infine: alla luce di questa sentenza, come fanno gli organi preposti a non intervenire, soprattutto laddove si parla di omissioni ed alterazione della par condicio in corso di gara? Siamo certi che la ripresa post Covid regalerà ai viterbesi una rinnovata fiducia in uno Stato che premia chi rispetta la legge e sanziona chi non lo fa.