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Home » Politica » Assegnazione Centro antiviolenza, denunciate “gravi anomalie”

Assegnazione Centro antiviolenza, denunciate “gravi anomalie”

20 Maggio 2020

Verificare la procedura di assegnazione del punteggio per la gestione del Centro Antiviolenza e della Casa rifugio di Viterbo. A chiederlo alla Regione Lazio le associazioni Differenza Donna e Battiti, spiegando che «l’emergenza determinata dalla pandemia da Covid-19 impone uno sforzo immediato e deciso per sostenere le donne che subiscono violenza insieme ai loro figli. Ciò richiede trasparenza, responsabilità e credibilità. A Viterbo sono ormai mesi che segnaliamo gravi anomalie, in quella che, se confermata, sarebbe l’assegnazione del Centro antiviolenza e della Casa rifugio della Regione Lazio da parte del Comune di Viterbo. Chiediamo -ribadiscono le due associazioni – di essere ascoltate e che la Regione Lazio, ente che finanzierebbe il Centro e la Casa Rifugio, verifichi la corrispondenza della procedura con le sue leggi e soprattutto con la visione politica dell’amministrazione Zingaretti sulle donne».

Lo scorso 26 febbraio ricordano «il Comune di Viterbo ha comunicato il nome del vincitore del bando per la gestione del Centro Antiviolenza e della Casa rifugio fondamentali per offrire al territorio una struttura capace di sostenere le donne in uscita dalla violenza maschile e domestica». Differenza Donna e l’Associazione Battiti che hanno concorso al bando in questione, hanno letto con grande stupore i punteggi assegnati dalla commissione e sulla base dei quali si è arrivati ad indicare il vincitore. Le associazioni «hanno sin da subito rilevato anomalie gravi e sulle quali non ritengono sia possibile soprassedere. Ora spetta infatti alla Regione Lazio prendere atto dell’esito della gara di Viterbo e, trattandosi di una struttura finanziata con i soldi della Regione, avvalorare la scelta o rimandarla ad una nuova valutazione». «Quello che succede a Viterbo merita attenzione – dice Elisa Ercoli Presidente di Differenza Donna Ong – proprio in un momento come questo, in cui la pandemia Covid-19 crea disagi economici e sociali che si accaniscono in misura enorme sulle donne vittime di violenza. Nel verbale pubblicato dal Comune, ad esempio, l’esperienza di Differenza Donna viene valutata inspiegabilmente solo a partire dal 2012, con un punteggio irrisorio di due punti. È una brutta svista che condiziona definitivamente il risultato del bando».

«Differenza Donna ONG – prosegue Ercoli – gestisce centri antiviolenza dal 1992, da trent’anni combattiamo a fianco delle donne per ottenere diritti e per la libertà dalla violenza, a fianco delle istituzioni permettiamo l’aggiornamento degli strumenti giuridici. Il Comune di Viterbo non può dire, senza aver neanche visto il curriculum presentato, che contrastiamo la violenza sulle donne solo da otto anni. Per rafforzare la rete inoltre a Viterbo collaboriamo con l’Associazione Battiti, pienamente attiva anche in questa fase emergenziale a sostegno delle donne del territorio, resa invisibile dagli atti pubblici del Comune. Questi errori sono gravi.»

«La Regione Lazio – aggiungono le voci del Direttivo di Differenza Donna e di Battiti – ha il compito di verificare e avvalorare la scelta dei partner dei Comuni. Per questo ci aspettiamo che l’assegnazione trovi corrispondenza con la visione politica e culturale che la Legge regionale 4/2014, e il bando ad essa collegato, disegnano con lungimiranza. Quella legge dice bene che la gestione dei Centri antiviolenza e delle Case rifugio deve essere la missione prioritaria delle associazioni. Con la rete dei Centri antiviolenza stiamo dando battaglia proprio su questo tema, affinché sia sancita la specificità del lavoro delle associazioni che, come le nostra, sono impegnate nel contrasto alla violenza. Assegnare i Centri a cooperative che fanno tutt’altro significa cancellare un orizzonte politico di cambiamento della società. Un orizzonte che, come è stato spesso ribadito dal Presidente Zingaretti, si fonda sul protagonismo delle donne e della cultura femminista». Siamo certe, concludono le due organizzazioni «che nessuna delle amministratrici locali e regionali vogliano essere ricordate come coloro che frettolosamente hanno cancellato la storia più preziosa del contrasto alla violenza: la specificità dei gruppi di donne attiviste che hanno costruito saperi, competenze e politiche per far avanzare tutta la società».

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