La situazione di Villa Immacolata è la dimostrazione che, come spesso ribadito nei giorni scorsi da questo giornale, c’era bisogno di un intervento per il contenimento del contagio sin dall’inizio. C’era la necessità cioè di eseguire tamponi a tappeto in questa casa di cura, come in tutte le altre della provincia, comprese le case di riposo. Solo così si sarebbero potuti intercettare i primi casi e isolare chi, dentro e fuori, poteva essere venuto a contatto con essi.
Questo giornale l’ha detto fino allo sfinimento, ma chi di dovere ha fatto orecchie da mercante, scambiando addirittura i consigli dati per critiche politiche. No. La politica stavolta non c’entrava e non c’entra proprio nulla. Non si può sempre leggere tutto quello che accade con gli occhi di una presunta o fantomatica speculazione. Le cose non stanno così. Bisogna saper recepire le osservazioni che provengono da chi sa qualcosa di più di queste materie.
E invece no. I tamponi sono stati fatti quando il contagio era già partito. E questo è il risultato. Struttura chiusa, con ingresso interdetto dalle forze dell’ordine e concreta possibilità che all’interno si palesino decine di casi di positivi.
E’ dall’inizio dell’epidemia che abbiamo ripetuto della necessità di prevenire le possibili bombe epidemiche che trovano in ambienti così affollati, per di più da persone fragili, il luogo ideale in cui deflagrare. Ma neanche le cronache di casi simili verificatisi nella capitale e al Nord sono riuscite purtroppo a insegnare qualcosa.