Ci sono in provincia di Viterbo 28 Comuni che non sono ancora entrati in Talete. Fanno parte però dell’Ato e, come si ricorderà, a fine 2019 votarono a favore dell’aumento delle bollette quando si trattò di decidere le nuove tariffe da far applicare a Talete per scongiurare il fallimento della società e consentirgli – semmai accadrà – di accedere al finanziamento Arera di 35 milioni necessario per fare investimenti sulle condotte e sugli impianti. Sembra un controsenso, ma è così: pur non stando in Talete, hanno votato in quanto soci dell’Ato.
Questi Comuni, all’indomani della votazione, quando gli si chiese perché avessero detto sì a un salasso che non li avrebbe riguardati, risposero che no… anche loro avrebbero adeguato al più presto le loro tariffe dato che non ce la facevano più ad andare avanti con i pochi ricavi attuali.
Adesso invece, di fronte alla richiesta formale dell’Ato di fare ciò che avevano detto, puntano i piedi. O meglio, un aumento delle tariffe lo auspicano e lo vogliono, appunto per avere più liquidità a disposizione, ma non sono disposti ad applicare i prezzi alle stelle di Talete.
Gli “altarini” sono venuti alla luce venerdì durante la riunione della Consulta d’ambito, convocata dal presidente Pietro Nocchi per discutere l’uniformità tariffaria sul territorio provinciale, cioè l’estensione delle tariffe di Talete anche a questi comuni. E’ accaduto qui che i rispettivi sindaci abbiano sollevato una presunta illegittimità della delibera in esame, sostenendo che solo i Consigli comunali possono decidere cose di questo tipo. Hanno chiesto quindi la possibilità di aumentare le tariffe per far fronte ai costi di gestione delle reti idriche senza però passare al regime tariffario unico perché esso in alcuni casi comporterebbe la quadruplicazione delle bollette e tutta una serie di vincoli sull’utilizzo dei maggiori introiti.
Risultato: la riunione si è conclusa con l’impegno del presidente della Provincia e dell’Ato a riconvocare i 29 sindaci in una seduta ristretta per modificare la proposta di delibera, dando a ognuno la possibilità di rimodulare le proprie tariffe adeguandole alle singole realtà comunali.