Dal 2018 al 2019 gli ammortizzatori sociali in provincia di Viterbo sono cresciuti del 26 per cento. Non è una bella notizia, significa infatti che l’economia non va come dovrebbe.
In particolare, cresce la cassa integrazione ordinaria, scende la straordinaria, al palo quella in deroga. Sono state oltre 38 mila le ore di ammortizzatori sociali concessi a dicembre scorso, contro le 12 mila di novembre. Questa in sintesi la fotografia che emerge dal dodicesimo rapporto sulla cassa integrazione elaborato dal servizio politiche territoriali della Uil.
“Il confronto degli ultimi due mesi del 2019 – spiega il segretario Turchetti – conferma uno stato di crisi costante che nulla di buono lascia sperare per il futuro. Nello specifico, se a novembre erano state più di settemila le ore di cassa integrazione ordinaria, a dicembre sono cresciute a oltre 35 mila, mentre la cassa straordinaria è passata da oltre 5 mila ore a 2 mila, con una flessione del 54 per cento”.
“Confrontando il 2018 con l’anno da poco concluso – prosegue – notiamo che complessivamente le ore di questo ammortizzatore sociale sono aumentate del 26,7 per cento, passando dalle oltre 457 mila a 579 mila del 2019. Industria, edilizia, artigianato i rami di attività che più hanno beneficiato della cassa integrazione”.
“Una situazione di crisi costante – conclude Turchetti – che si abbatte sugli uomini e sulle donne della nostra provincia. Nello studio c’è una simulazione sulla retribuzione media annua persa dai lavoratori e dalle lavoratrici in cassa integrazione a zero ore lo scorso anno, prendendo a riferimento le retribuzioni medie di operai e operaie e mettendoli a confronto con i sussidi erogati e le ore di cassa integrazione autorizzate. Nell’intero Paese, le buste paga di chi è stato posto in cassa integrazione a zero ore si sono alleggerite di oltre 301 milioni di euro. In particolare, operaie e operai hanno complessivamente e mediamente perso 217,7 milioni di euro ovvero il 16 per cento del totale della retribuzione, mentre impiegati e impiegate hanno mediamente perso 83,3 milioni di euro vale a dire il 13,8 per cento del totale della retribuzione. E’ chiaro che per uscire da questa palude servono politiche di sviluppo, investimenti pubblici e privati. Serve, insomma, una politica economica più incisiva”.