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Home » Politica » Viterbo città della cultura nel 2033. Non ci crede nessuno

Viterbo città della cultura nel 2033. Non ci crede nessuno

20 Gennaio 2020

Viterbo città della cultura nel 2033. Tranquilli, non ci crede nessuno. Quella lanciata da Forza Italia sembra più una trovata in chiave propagandistica che un reale obiettivo per un’amministrazione che finora (e sono già due anni che sta in carica: passa in fretto il tempo, vero?) nel settore culturale ha messo in campo poco o niente.

Interessante, tanto per riportare i nostri “illuminatissimi” politici con i piedi per terra, un post pubblicato dalla pagina Facebook Viterbo Centro Storico Chiuso: Viterbo città del cinema e della cultura. Oltretutto, complimenti ai viterbesi per non aver organizzato nulla in vista del centenario di Fellini, considerando quanto sia stato legato alla città (I Vitelloni, ad esempio). Infinita tristezza.

Dice il sindaco Giovanni Arena che quest’anno i soldi saranno spesi seguendo una visione d’insieme. Basta “marchette” pagate qua e là. Staremo a vedere quale sarà questa visione che le eccelse menti di Palazzo dei Priori saranno in grado di partorire. I viterbesi sono tutti proprio curiosi.

Il problema è che il primo cittadino parla di sviluppo turistico, ma la cultura, dovrebbe saperlo, è un’altra cosa. La cultura è anche saper investire in iniziative “a perdere” a prescindere dal richiamo del momento. Iniziative cioè che vanno valutate, sotto il profilo delle ricadute economiche, in un lasso temporale molto lungo. Dubitiamo che Arena & C. lo sappiano. Dubitiamo, peraltro, che in questi anni siano andati anche solo un giorno a visitare le capitali delle cultura che si sono succedute nel nostro Paese e in Europa. Così, tanto per capire di cosa parlano… Se lo avessero fatto si sarebbero accorti ad esempio che c’è al mondo chi investe sui teatri e sui musei. L’esatto contrario di quanto avvenuto con Marini sindaco, che ha chiuso l’Unione e non è riuscito a sistemare il museo crollato. Si sarebbero accorti che ci sono luoghi, come insegnano gli inglesi che non fanno pagare il biglietto d’ingresso alla British o alla National Gallery, che i monumenti e le testimonianze del passato non producono reddito diretto, ma fanno appunto cultura. Impregnano cioè una città di quei valori che portano a farsi un’immagine positiva presso l’opinione pubblica e a conquistare magari un titolo. E questo sì, il titolo, una volta ottenuto con tanti sacrifici pregressi, potrà poi produrre ricadute turistiche.

Dubitiamo che questo ragionamento sia comprensibile per orecchie che non vogliono sentire o che, molto più semplicemente, non sono dotate di un udito particolarmente dotato. Dunque, per favore evitiamo di dire stupidaggini.

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