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Home » Politica » L’anima del riformismo, per non tornare indietro

L’anima del riformismo, per non tornare indietro

3 Gennaio 2020

Da huffingtonpost.it riprendiamo e pubblichiamo

di Giuseppe Fioroni

Vorrei dire subito che leggendo il pezzo di Alessandro De Angelis, il quale prende spunto dall’ultimo libro di Cuperlo (“Un’anima”, Donzelli), trovo facile un accordo su due punti. Anzitutto sull’esigenza di ridefinire il profilo del Pd, poi sul bisogno d’innervare la politica del governo. È però un consenso che definirei “di metodo”, ovvero circoscritto alla formulazione delle domande, perché nel merito sono invece molto meno d’accordo (non so se con De Angelis o con Cuperlo, forse con entrambi).

Penso che il profilo del Pd non sia da ricostruire cancellando il suo originario motivo costituente. Bisogna pur ricordare, con molta onestà, che il Pd è nato perché la sinistra ammetteva di non farcela più, perlomeno di non farcela agitando le questioni della sua tradizione novecentesca. Ora, pensare di aggredire le difficoltà tornando a discutere unicamente su cosa serva alla sinistra, vuol dire certificare il fallimento di un’esperienza decennale.

Qual è il messaggio di Cuperlo? Un congresso che ruoti attorno alla domanda di quale sia la sinistra da salvare? Mi sembrerebbe un errore. Perché, allora, abbiamo scelto di mettere insieme laici e cattolici, comunisti e popolari, democratici di sinistra e democratici di centro? Ci siamo sbagliati?

Mi pare che passando di nostalgia in nostalgia si arrivi alla poco entusiasmante conclusione – mi si permetterà di dirlo – del sindaco di Bologna: in fondo nella storia del Pci, dice Merola, ha sempre campeggiato il rispetto per chi non era strettamente comunista, tant’è che Togliatti e i suoi successori inventarono “gli indipendenti di sinistra”. Quindi la crisi del Pd dovrebbe risolversi con il restauro di un quadro che permetta alla sinistra di rinverdire le sue glorie, anche assicurando, all’occorrenza, uno spazietto ai nuovi indipendenti di sinistra. Spero non sia questo il pensiero di Cuperlo, escludendo che possa esserlo di Zingaretti.

Certo, se poi questa discussione, al netto degli errori d’impostazione appena qui accennati, si dovesse chiudere in se stessa, ignorando il fatto che il governo intanto macina poco grano e per giunta non di primissima qualità, allora sarebbe vana la speranza di ritrovare un’anima, quale che sia in fondo quest’anima. Ma anche in questo caso trovo sia risibile supporre che il governo possa trarre giovamento da un mix di tatticismi e fughe in avanti, lungo un sentiero che prolunga e non corregge, strutturalmente, il brutto sogno di una decrescita economica – e poi civile – dell’Italia.

Qui servirebbe un ritorno alle radici di una politica che merita di essere restaurata, con opportuni aggiornamenti, e che riporta in auge i nostri Padri della straordinaria “ricostruzione” postbellica. Ognuno ha il suo Pantheon, basta non cadere nella furbizia di parlare di progresso e non trovare ispirazione negli uomini (e nelle politiche) che hanno garantito veramente il progresso e il benessere all’Italia. 

Occorre certamente che Pd s’interroghi, come chiede De Angelis, sulle sue responsabilità. Lo deve fare, a mio parere, con serena coscienza ma insieme con giusto rigore. La destra cresce se tutti ci mettiamo a ballare attorno al feticcio di una riscoperta del popolo, intendendo per essa la riscoperta del popolo di sinistra. Mi sembra piuttosto che un autentico riformismo, nutrito di senso del dovere e di amore per l’Italia, imponga di riorganizzare un partito che faccia un salto in avanti, archiviando la problematica dell’essere o non essere di sinistra. Un partito che abbia un nuovo equilibrio, ovvero un nuovo motore di idealità, capace dunque di mettere a valore lo sforzo di congiunzione tra un centro riformatore e una sinistra moderna e responsabile. 

L’anima del nostro riformismo sta in una visione di governo che dimostri la sua piena sintonia con il “partito trasversale” della innovazione, della solidarietà e della libertà. Fuori da questa prospettiva c’è solo l’anima, purtroppo assai piccina, di un movimentismo che nel massimo del suo rigoglio sente il diritto, malauguratamente, di crogiolarsi con le proprie utopie regressive.

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