Sostare una mezz’ora al cup di Belcolle fa male alla salute, ma aguzza la vista. Ti rendi conto, cioè, solo così del dramma che vivono ogni giorno decine e decine di persone che vanno a prenotare una visita o un esame specialistico. Tac, risonanze magnetiche o esami radiografici più semplici sono diventati proibitivi a meno che uno non è provvisto di “raccomandazione” d’urgenza certificata del medico, ma anche in questo caso si parla comunque di attese che arrivano fino ad alcune settimane. La maggior parte degli utenti si sentono invece rispondere che possono sottoporsi all’accertamento tra un anno. Così accade ad esempio se hai bisogno di una gastroscopia: dicembre 2020, e neanche a Viterbo. Magari ti sbattono a Civita Castellana o ad Acquapendente.
Una situazione che grida vendetta anche perché se hai, metti, una piccola neoplasia ma nessuno te lo dice, l’anno prossimo rischi di ritrovarti con le metastasi. La gente, che l’ha capito bene, va allora a pagamento. Cento, duecento e fino a quattrocento euro per una Tac e passa la paura. Ma se i soldi non ce l’hai? Per il sistema sanitario viterbese puoi pure morire. In senso metaforico, s’intende, ma è evidente che il rischio concreto di ammalarsi gravemente se non ti sottoponi subito agli accertamenti è alto. Tra l’altro, va notato che la maggior parte delle persone che hanno necessità di questi servizi hanno una certa età e per loro non è per nulla facile spostarsi da Viterbo a Civita Castellana o viceversa. Oltre al danno anche la beffa.
In tutto questo disastro non giunge neanche un segnale rassicurante. Sempre di più ci chiediamo anzi come può la direzione generale investire 30 mila euro l’anno (non sono molte, è vero, ma comunque potrebbero bastare per acquistare pacchetti di esami diagnostici presso le case di cura accreditate) per la comunicazione social. Se non fosse che c’è di mezzo la salute dei cittadini, penseremmo di trovarci su Scherzi a parte.