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Home » Politica » Arena e Nocchi escono dal letargo. Meglio tardi che mai

Arena e Nocchi escono dal letargo. Meglio tardi che mai

24 Novembre 2019

Arena e Nocchi sono due fenomeni. Dopo essersi fatti una beata dormita durata un anno, si svegliano a vanno a Roma a piangere miseria. Sembra infatti che i due la prossima settimana, cioè nella migliore della ipotesi lunedì 25, andranno in Regione a chiedere un intervento in extremis per salvare Talete dal fallimento. Tutto ciò perché sta per scadere l’ultimatum del presidente Bossola, che, a fronte dei debiti della società, si dice pronto a portare i libri in tribunale. A meno che i Comuni-soci non ricapitalizzano o non vendano quote ai privati.

Ma dal novembre dello scorso anno, quando hanno deciso di aumentare le bollette, a oggi Arena e Nocchi dove stavano? Che hanno fatto? Perché si svegliano solo adesso? E’ vero: aspettavano il finanziamento di Arera, promesso dall’ex presidente Parlato, che però non è mai arrivato. E infatti ci credevano solo loro.

Dubitiamo che la scampagnata romana dei due sortisca gli effetti sperati. Nella migliore delle ipotesi otterranno qualche vaga assicurazione di interessamento buona per perdere un altro po’ tempo. Quello che serve per aumentare la confusione che in situazioni come queste, per chi fa politica, è un po’ come la panacea a di tutti i mali: nel caos generale lo sanno tutti che è impossibile individuare le responsabilità e alla fine la colpa, come sempre accade, sarà di tutti e di nessuno.

Resta il fatto che Talete poteva essere salvata se solo si fosse accettata, nel 2015, la due diligence commissionata dall’allora presidente Bonori. E invece no. In quattro anni, i debiti sono quintuplicati, le bollette sono aumentate a più riprese e nessuna delle criticità che tutti conoscevano è stata affrontata. Non sappiamo come andrà a finire questa storia: di sicuro, le giustificazioni che Arena e Nocchi forniranno nei prossimi giorni, di qualsiasi natura esse siano, fin da ora appaiono destituite di ogni fondamento. Il che vuol dire che quello che diranno, politicamente e amministrativamente, lascerà il tempo che trova.

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