L’area popolare, moderata e riformista del Pd si chiama fuori dal congresso provinciale. Pur avendo tutti convintamente rinnovato la tessera, nessuno correrà per la conquista di cariche elettive.
La decisione è stata presa “per la completa divergenza con l’attuale linea politica locale”, se è vero che, “nonostante i nostri tentativi per fare del Pd un partito in grado di rappresentare una valida alternativa al populismo e al sovranismo, abbiamo assistito in questi mesi a scelte incomprensibili spesso fatte d’intesa con la destra”.
E’ sui grandi temi che interessano i cittadini (vedere documento pubblicato nell’articolo in basso) che si consuma la frattura, laddove da parte dell’attuale gruppo dirigente è stata finora negata ogni possibilità di confronto: dalla gestione dell’acqua, che i moderati e riformisti vogliono mantenere saldamente in mano pubblica, alla difesa dell’ambiente (no alla monocoltura del nocciolo e all’uso di fitofarmaci e diserbanti); dalla necessità di garantire un servizio di trasporti pubblici capace di soddisfare le richieste di lavoratori pendolari e studenti all’obbligo di interrogarsi sulla gestione e sull’efficienza del sistema sanitario.
A livello politico, “la nostra – ha spiegato Giuseppe Fioroni durante una conferenza stampa da Schenardi – non è una scorciatoia o una fuga, ma un atto d’amore nei confronti del Pd per evitare una situazione di conflittualità permanente”. “Abbiamo chiamato la nostra azione – ha proseguito – iniziativa democratica per evocare idealmente quel processo attraverso il quale, nella seconda metà degli anni Cinquanta, si affermò all’interno della Dc una nuova generazione politica”. L’obiettivo è di ritrovare le ragioni di un partito “aperto e plurale, come era nell’idea originaria di Veltroni”, che possa essere un argine al populismo e al sovranismo.
Insomma tutto il contrario di quanto fin qui fatto dall’attuale classe dirigente che, “per gestire il potere, ha preferito stringere accordi con la destra piuttosto che rimarcare di fronte all’opinione pubblica le differenze che ci sono tra noi e loro”. D’altra parte, ha notato ancora l’ex ministro, sollecitato dalle domande di un giornalista, basta vedere cosa accade in Comune, dove, a parte l’azione del capogruppo, non viene fatto alcun tipo di opposizione. In altri termini, si fa finta di farla, salvo accordarsi a riflettori spenti per gestire insieme tutto quello che c’è da gestire. Cosa ancora più visibile in Talete, “gestita tramite un accordo contro natura da Pd, Forza Italia e Fratelli d’Italia”.
Tutto ciò ha prodotto una città priva di dibattito, manco si stesse nella Sicilia della mafia, dove le voci fuori da coro vengono messe a tacere anche dal non libero sistema dell’informazione.
Nonostante tutto viene però ribadita piena fiducia “nella linea politica di Zingaretti, la cui piattaforma programmatica oggi – ha detto Fioroni – non è più quella che lo ha portato a vincere il congresso”.
Da Fioroni auguri di buon lavoro a Manuela Benedetti, che di fatto sarà segretaria solo di metà partito, nella speranza che sappia ricostruire un Pd unito, plurale e più attento ai temi vicini alla gente che non alla gestione del potere. “La gente – ha detto – deve tornare a votarci perché crede nel Pd, non per reverenza nei confronti del dirigente di turno che sa dire solo ‘ci penso io'”. Non è mancato un accenno agli autoconvocati di Bologna scesi in piazza Maggiore contro Salvini, sui quali i partiti e il Pd “ora non devono mettere il cappello”. “Quella gente – ha scandito Fioroni – ci interroga e ci deve far comprendere che la politica non può essere solo gestione e spartizione del potere”.