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Home » Politica » Massacrato perché non ha risposto agli aggressori. Viterbo città malata

Massacrato perché non ha risposto agli aggressori. Viterbo città malata

22 Ottobre 2019

Uno ha confessato, l’altro si è avvalso della facoltà di non rispondere. L’interrogatorio in carcere dei due giovani – Michele Montalbotti e Roberto Vestri – arrestati per la feroce aggressione a Mario Farina di Allerona, mentre camminava in via della Pettinara, si è concluso con la convalida dei fermi. I due restano, come era più che logico, in cella.

Nel frattempo, secondo quanto riferito dal ragazzo che ha deciso di collaborare con la giustizia, si scoprono particolari agghiaccianti sulla dinamica dei fatti. Mario Farina, un uomo tutto casa e chiesa (così lo descrivono i conoscenti del paese), è stato colpito da un pugno e fatto stramazzare al suolo perché “colpevole” di tirare diritto, senza fermarsi, alla vista dei due che lo avevano avvicinato chiedendogli se volesse comprare un po’ di droga. L’uomo, che nella caduta ha battuto violentemente la testa sulla strada, lotta ancora tra la vita e la morte al reparto di rianimazione dell’ospedale di Belcolle, dove è stato sottoposto ad un delicatissimo intervento chirurgico. Se dovesse morire, a carico di Montalbotti e Vestri graverà l’accusa di omicidio preterintenzionale. Al momento devono rispondere solo di lesioni. A parlare al giudice, ricostruendo l’accaduto, è stato il giovane che non avrebbe materialmente sferrato il pugno.

Il fatto, come già detto, è gravissimo. Proietta una luce inquietante sulla “tranquilla” città dei papi, che evidentemente tanto “tranquilla” non è e che sicuramente dovrebbe interrogarsi a fondo sulla spirale di violenza che sembra essersi impadronita di alcune fasce giovanili. Sarebbe troppo semplice liquidare tutto come un fatto di droga, cioè come l’azione di due matti sotto l’effetto di sostanze o alcol. C’è a Viterbo una situazione di disagio che porta alla maturazione di eventi inauditi. C’è una società che si sta sfaldando, incapace di dare risposte al vuoto che la circonda e come tale portatrice di un malessere che le istituzioni non possono più sottovalutare.

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