L’arrivo dei dazi affossa il record storico realizzato dall’alimentare Made in Italy in Usa, dove si è realizzato un balzo del +8,3% nelle esportazioni nei primi otto mesi del 2019. E’ quanto emerge dal verdetto del Wto, che ha autorizzato dazi Usa nei confronti dei Paesi Europei per un ammontare di 7,5 miliardi di dollari nell’ambito della disputa nel settore aereonautico che coinvolge l’americana Boeing e l’europea Airbus, sulla base dei dati Istat relativi ai primi 8 mesi. Saranno colpiti da dazi Usa del 25%, a partire dal 18 ottobre, le esportazioni agroalimentari Made in Italy per un valore di circa mezzo miliardo di euro, con la presenza nella black list di prodotti come Parmigiano Reggiano, Grana Padano, Gorgonzola e altri lattiero caseari, ma anche di salami, mortadelle, crostacei, molluschi agrumi, succhi e liquori. Un ostacolo che rischia di frenare pesantemente la crescita del Made in Italy sul mercato statunitense che ha realizzato 42,4 miliardi nel 2018, il 10% nell’agroalimentare (4,2 miliardi). Sembra scongiurato il problema per l’olio di oliva, il vino ed il pecorino, prodotto utilizzato da grattugia.
Il dazio passerà per il Parmigiano Reggiano dagli attuali 2,15 dollari al chilo, a circa 6 dollari al chilo ed il consumatore americano lo dovrà acquistare sullo scaffale ad un prezzo che passa dagli attuali circa 40 dollari al chilo ad oltre i 45 dollari, con un probabile effetto di contenimento dei consumi che rischia di azzerare la crescita che si è avuta fino ad ora su quel mercato. Il record del 2019 è infatti stato proprio spinto dai risultati eccezionali messi a segno in Usa dal settore lattiero caseario (+23%) e tra questo sono proprio il Parmigiano Reggiano ed il Grana Padano a pesare di piu’ con un +26% nei primi sei mesi secondo elaborazioni Coldiretti su dati Istat.
“Con gli Stati Uniti che sono il principale mercato di sbocco dei prodotti nazionali fuori dai confini comunitari, il rischio – sottolinea il presidente di Coldiretti Viterbo Mauro Pacifici – è che i dazi possano generare una spirale recessiva per il commercio estero, con l’aumento del made in Italy di appena il +3,4%”.