“Una critica puntuale ben rappresentata nel ricorso che la Soprintendenza ha fatto contro la decisione di istallare ettari ed ettari di impianti sui territori di Tuscania, Montalto di Castro, Tarquinia, Tessennano, Arlena di Castro e Viterbo”. Così le associazioni ambientaliste definiscono il pugno duro della Soprintendenza per i beni archeologici dell’Etruria Meridionale, espresso la scorsa settimana nella conferenza svoltasi in Prefettura alla presenza dei sindaci e imprenditori. Al centro della discussione c’erano i dibattuti impianti fotovoltaici che secondo i calcoli della Soprintendenza sarebbero in tutto 24, tra impianti semplici e centrali per oltre 2100 ettari di terreno coinvolti.
“L’impianto fotovoltaico più grande, tra i 10 più grandi al mondo, verrà fatto a Tuscania. Quasi 250 ettari in località Pian Di Vico. Finalmente qualcuno l’ ha detto senza peli sulla lingua che manca una pianificazione da parte della Regione- commentano -. Serve un piano regionale che identifichi con certezza i luoghi dove gli impianti si possono fare. La Regione Lazio gioca invece a fare melina. Hanno fatto un piano a gennaio che però è ancora in corso di adozione. Un piano che non dice ‘dove’, ma ‘preferibilmente’. Non si può vivere con gli avverbi”.
“Vale la pena ogni volta ricordare – proseguono – che i mega impianti generano una produzione energetica finalizzata sostanzialmente ad operazioni puramente speculative, in una regione che già oggi dispone di una produzione elettrica circa doppia dei fabbisogni interni, per cui ulteriori produzioni sarebbero destinate all’esportazione fuori regione, con importanti perdite di trasmissione (7-8%) e pesanti impatti ambientali delle infrastrutture, in contrasto con la basilare esigenza di localizzare i centri di produzione il più vicino possibile ai luoghi di consumo; impianti alimentati da fonti rinnovabili che in realtà sommano la loro potenza alle centrali tradizionali a fonti fossili, con inesistenti effetti di sostituzione, aggravando il già penalizzante ruolo della Regione quale produttrice di energia per altre aree. Inoltre di più grave c’è che, come prescritto dal d.lgs 152/2006, l’approvazione di singoli progetti presuppone l’esame degli impatti cumulativi degli impianti sotto il profilo degli effetti ambientali e paesaggistici, in riferimento agli elementi dimensionali, formali nonché agli effetti sequenziali di percezione, alla presenza o alla previsione di altri impianti di produzione di energia per sfruttamento di fonti rinnovabili e alle ulteriori strutture industriali già presenti sul territorio”.
“Invece per questi progetti l’impatto cumulativo – concludono – non è stato calcolato affatto. Se non si terrà conto del dissenso della sopraintendenza, i mega impianti in attesa di approvazione determineranno enormi danni ambientali e paesaggistici, quali una pesante cementificazione di terreni agricoli, lo stravolgimento di pregevoli aree rurali ricche di importanti valenze paesaggistiche, architettoniche, archeologiche e storico-culturali. La soprintendenza non dovrebbe essere la sola ad avere coraggio di dire no a queste speculazioni, sindaci e amministratori ma con chi state?”.

