Quattro consiglieri comunali di maggioranza e un assessore si candidano al concorso per 39 posti in Comune. A meno di venti giorni dall’avvio delle prove preselettive scoppia il caso ed è polemica, in tutta la città, nei confronti dell’amministrazione Arena che, con questa nuova puntata delle telenovella in scena dal giugno 2018 a Palazzo dei Priori, da un punto di vista politico tocca davvero il fondo.
Prima d’ora una cosa del genere non s’era mai vista in nessuna altra parte d’Italia, dove pure la casistica dei fatti strani è abbastanza ampia.
Ad aver inoltrato domanda di partecipazione, tra il marzo e l’aprile scorsi, sono stati Matteo Achilli, Elisa Cepparotti, Gianluca Grancini, Isabella Lotti e Ludovica Salcini. Sono presenti inoltre nelle liste degli ammessi diversi parenti, anche strettissimi, di altri amministratori comunali di centrodestra, oltre che di attuali ed ex dipendenti comunali. Qualcuno, forse per la vergogna, ha annunciato di volersi ritirare.
“Sicuramente saranno casi di omonimia – sottolinea la consigliera d’opposizione Chiara Frontini – e in tal caso sicuramente gli interessati smentiranno, ma se così non fosse questa maggioranza ci lascia per l’ennesima volta senza parole. Nulla di illegittimo dal punto di vista del diritto, ma dopo aver scambiato il Comune per il focolare domestico, ora farlo diventare anche un ufficio di collocamento per amministratori in cerca di un posto mi sembra che sarebbe davvero eccessivo”.
Al di là di tutto ciò, e posto che giuridicamente è tutto legittimo, non ci si può non chiedere quale credibilità, politicamente, possa avere un’amministrazione piena di gente in cerca di occupazione nell’ente in cui è stata eletta. Normale cercare lavoro, e auguriamo di cuore a tutti coloro che lo fanno di realizzare i propri sogni, ma è meno normale farlo dove si rappresentano gli interessi collettivi, che necessariamente non possono collimare con quelli personali. Normale, e anche giusto, che tra tra gli eletti in Consiglio ci siano molti giovani volenterosi di mettersi al servizio della collettività, ma quando accadono fatti di questo tipo è di contro anche normale offrire il fianco all’antipolitica, a tutta quella crescente fetta dell’opinione pubblica, cioè, che identifica l’impegno politico come perseguimento del proprio tornaconto.
In un Paese democratico possono tutti essere eletti: operai, dirigenti, laureati e disoccupati e meno male che è così. Ma ci deve essere un limite. Si deve avere ben chiara la responsabilità che ci si assume nel momento in cui si entra all’interno di un’istituzione.