Tra minacce di crisi di governo, riunioni lampo, sfiducie, annunci eclatanti, dichiarazioni e smentite, ciò che sta caratterizzando la politica nazionale in questi giorni è una corsa apparente verso le elezioni. Ma in realtà, a ben vedere, tutto questo clamore sembra più alimentato dalla strategia comunicativa del momento che da una vera volontà di affrontare una nuova campagna elettorale. Per Salvini, ad esempio, c’è la necessità di distogliere l’attenzione dell’opinione pubblica dai fondi russi, mentre per Zingaretti quella di mostrare ai propri che si sta facendo qualcosa. Chi per una ragione, chi per l’altra, le elezioni non le vuole dunque nessuno.
In primis ad avere paura del confronto con le urne è il premier Giuseppe Conte, a cui un’altra opportunità di guidare Palazzo Chigi non capiterà. Stesso stato d’animo per Di Maio e molti parlamentari del M5S su cui è puntata la spada di Damocle rappresentata dal limite dei due mandati, senza considerare che, visti i sondaggi che girano, sarebbe molto, molto difficile per i grillini piazzare un’altra volta tutti i parlamentari eletti un anno fa.
A non volere le elezioni anticipate è anche Forza Italia, che versa in una condizione disastrosa, rischiando letteralmente di sparire dalla circolazione. Un discorso simile vale per il Partito democratico, attualmente immerso nelle nubi di un dibattito che vede all’orizzonte l’ipotesi, sempre più probabile, di una scissione. Il partito, con Zingaretti, ancora non ha trovato una stabilizzazione, trainato come è da una sinistra che sta mettendo alla porta pezzi importanti della propria classe dirigente.
Non vuole le elezioni nemmeno Matteo Salvini, che, nonostante i sondaggi lo diano in costante aumento, potrebbe molto presto trovarsi a fare i conti con le lotte politiche interne messe in piedi da vari esponenti di spicco. A volere staccare la spina al governo con il Movimento 5 Stelle ci sono Zaia, Fontana e sopratutto Giorgetti, ma Salvini tentenna, convinto che solo con questa esperienza governativa può raggiungere l’apice del consenso. Il ragionamento non fa una piega: d’altra parte, perché uscire da un governo che, con poche responsabilità, ti permette di raggiungere tanta popolarità?
In questo quadro l’unica che potrebbe veramente essere intenzionata a partire per la campagna elettorale è Giorgia Meloni, alla guida di un partito in crescita che vuole affermarsi a livello nazionale superando la forbice territoriale che fino ad oggi l’ha penalizzato.
Insomma, tanti annunci ma poca volontà di affrontare una campagna elettorale “balneare” troppo dispendiosa e poco prolifica. A questo punto meglio andare al mare a rilassarsi.