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Home » Italia » Per recuperare lo spirito comunitario. Intervista a Sabino Cassese

Per recuperare lo spirito comunitario. Intervista a Sabino Cassese

13 Luglio 2019

Riportiamo l’intervista a Sabino Cassese pubblicata dall’Osservatore Romano. a firma di Andrea Monda

Per il giurista Sabino Cassese, non tutto è perduto di fronte all’attuale crisi della società italiana ed europea. Intervenendo nel dibattito avviato su queste pagine spiega che anche le società “vecchie” hanno dimostrato capacità di rinnovamento e in questo processo la religione, in particolare quella cattolica, può offrire un contributo decisivo riaffermando i valori fondanti ed essenziali della convivenza.

Giuseppe De Rita su queste pagine ha affermato che per il buon governo c’è bisogno di due autorità: una civile e una spirituale-religiosa. Quella civile garantisce la sicurezza, quella spirituale offre un orizzonte di senso. L’uomo ha bisogno di tutte e due le cose. Se invece si esclude una delle due, la società soffre, diventa schizofrenica. Quale potrebbe essere il ruolo della Chiesa nell’attuale situazione italiana?

C’è di più. Le società contemporanee stanno perdendo lo spirito comunitario: basti pensare alla crisi di partiti e sindacati. Quindi, è tanto più necessario l’elemento comunitario che è alla base dell’esperienza religiosa, anche per chi non è credente.

C’è chi dice che l’Europa è vecchia e decrepita e necessita di un “fertilizzante” che può essere proprio la Chiesa cattolica come già in passato a ogni “cambiamento d’epoca”.

Non concordo con la diagnosi. L’essere la civiltà europea antica non vuol dire che sia vecchia. E anche le civiltà vecchie sono state capaci di rinnovarsi, ringiovanendosi. Il valore della religione, in particolare di quella cattolica, sta in un altro elemento: quello di ricordare i valori fondanti, essenziali, per esempio, la vita, la pace, il rispetto degli altri. 

La società italiana oggi sembra dominata dal rancore. Da dove nasce questo rancore? De Rita dà una sua lettura, quasi un lutto per quello che non c’è stato, una promessa mancata, un futuro che sembra incrinato, perso.

Il rancore non sta nella società, sta nella “narrazione” che ne fanno coloro che sfruttano il rancore per fini sostanzialmente elettorali. È per questo che bisogna piuttosto mettere in luce gli aspetti che riguardano il futuro e principalmente la speranza. 

In questa situazione emerge un dato che ha una sua ambiguità, anche inquietante, cioè il dato dell’identità come risposta alla globalizzazione ma una risposta che si colora di chiusura e violenza.

Anche questo argomento è narrato in maniera distorta. Infatti, non si tratta di aprirsi agli altri e perdere la propria identità, ma di riconoscere che ormai abbiamo tutti multiple identità. Siamo romani, italiani, europei, cittadini del mondo. Nella misura in cui ci preoccupiamo dei cambiamenti climatici, ad esempio, ci interessiamo dei problemi di casa nostra, ma anche di quelli delle case degli altri.

Da una parte la società appare del tutto secolarizzata, dall’altra ci sono politici che esibiscono i simboli religiosi per accrescere il proprio consenso. È una schizofrenia oppure “tutto si regge”?

L’esibizione politica di simboli religiosi è una offesa per la religione, che viene così usata come strumento.

La tecnologia come incide in questa situazione che sembra mutare a ritmo accelerato? C’è in atto una mutazione antropologica? C’è un impatto delle nuove tecnologie, dalla bioetica alla comunicazione, sui rapporti sociali e sulla politica?

La tecnologia sta cambiando quasi tutto, dal modo in cui sto scrivendo queste risposte alla durata della vita umana. Si tratta sia di non abusarne, sia di renderla umana. Con questo intendo dire che è uno strumento, non un fine.

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