Fiorentino di nascita ma romano d’adozione, David Sassoli, classe 1956, è il nuovo presidente del Parlamento europeo. Un storia, la sua, che parte dai quotidiani locali e arriva allo scranno più elevato dell’Europarlamento, raggiunto con 345 voti. Una vita legata indissolubilmente al Partito democratico, al quale ha aderito fin da subito.
Il bello della sinistra, in molti lo chiamano così, ha esordito nel giornalismo a Roma, dove, da osservatore privilegiato nella redazione del Il Giorno, ha potuto quotidianamente commentare la politica. Il vero salto di qualità arriva con l’ingresso in Rai, dove dapprima fa l’inviato del Tg3, per entrare poi, dopo molta gavetta, nelle case degli italiani come conduttore del Tg1 delle 13.30, poi di quello delle 20. Infine diventa vicedirettore della testata.
La politica l’ha respirata sin da bambino nella sua Calenzano, la parrocchia di don Milani, e dentro casa: il padre era un buon amico di Giorgio La Pira. Sassoli è cresciuto a Roma dove ha frequentato la facoltà di scienze politiche. E’ qui che si radica il suo rapporto, nella seconda metà degli anni ’70, con la Lega democratica di Pietro Scoppola, una formazione critica nei confronti dell’ortodossia democristiana. Ma l’impegno politico dovrà attendere. L’occasione gli si para davanti agli inizi degli anni 2000 grazie a Walter Veltroni. L’allora sindaco di Roma medita di creare un partito che unisca la realtà della sinistra italiana (Pds e Ds) al ramo popolare e cattolico della Dc. Sono gli albori del Pd, ma anche in questo caso il salto politico dovrà attendere.
Il battesimo del Pd avviene nel 2007 e subito Sassoli scende in campo a sostenerlo. Si candida per l’Europarlamento nel 2009 e ed è subito record di preferenze, ne ottiene infatti 412.500, riuscendo così, da subito, ad essere il capo delegazione del Pd al Parlamento europeo. Da allora decide di dedicare la sua vita alla politica e nonostante la delusione delle primarie per sindaco di Roma, dove arriverà secondo dietro Ignazio Marino, si ricandida all’Europarlamento. E’ il 2014 e il Partito democratico raggiunge il 40% dei voti. La vittoria gli permette di tornare a Strasburgo a continuare il suo lavoro. Diventa uno dei volti più stimanti e conosciuti del Pse, moltissimi colleghi ne tessono le lodi, tanto da nominarlo vice presidente dell’assemblea. La storia recente lo vede di nuovo impegnato per il suo terzo mandato e alle elezioni del 26 maggio prende 128.533 preferenze, uno dei migliori risultati tra gli eletti del Pd. Oggi è il quarto italiano a sedersi sullo scranno più alto di Strasburgo dopo Gaetano Martino, Emilio Colombo e l’uscente Antonio Taiani. E’ la prima volta che accade il passaggio di testimone tra due italiani.