E se a salvare la sanità viterbese fosse l’Esercito? No, non stiamo esagerando. E’ quanto succederà a breve, per esempio, in Molise, dove sta suscitando scalpore la decisione del commissario alla sanità di chiedere aiuto ai medici militari per sopperire alla mancanza di personale in alcuni ospedali della Regione, così da evitare la chiusura immediata di alcuni reparti. Una soluzione per i prossimi 5 mesi, il tempo necessario per bandire nuovi concorsi. Un appello che è stato accolto dal Ministero della Difesa, che per questa insolita missione ha messo a disposizione 105 dottori con le stellette.
Stiamo parlando di un problema che riguarda da vicino anche gli ospedali della Tuscia. Medici, infermieri, veterinari, dirigenti. Mancano tante figure professionali nel Viterbese per garantire i corretti e adeguati servizi sanitari al cittadino, a partire dai Pronto Soccorso. Secondo dati del settembre scorso servirebbero 417 nuove assunzioni entro il 2020 tra stabilizzazione dei precari, concorsi e mobilità. Nel particolare, le figure richieste sono medici (128), veterinari (7), dirigenti sanitari non medici (psicologi, biologi, farmacisti: 50), 202 unità del comparto non medico, soprattutto infermieri e 30 tra dirigenti amministrativi, assistenti tecnici e autisti. Numeri utili a tamponare l’emergenza.
Secondo il commissario alla Sanità del Molise quella di “arruolare” i medici militari negli ospedali civili “sarebbe l’ultima spiaggia prima di procedere alla chiusura, già dal prossimo mercoledì, dei reparti di ortopedia e traumatologia dei nosocomi di Isernia e Termoli”, si legge sul Corriere della Sera.
Il ministero della Difesa ha già individuato un elenco di 105 camici bianchi che operano nella sanità militare e che possono essere selezionati per essere impiegati nella sanità civile. “L’evidente contrazione di risorse – spiega in una nota commissario alla Sanità, Angelo Giustini – mette sempre più a rischio il mantenimento dei Livelli essenziali di assistenza (Lea), dunque, si profilano per i cittadini molisani ancora viaggi della speranza”.
Insomma, uno scenario che in fondo non si discosta molto da quello che si registra ogni giorno nel Viterbese.