L’indagine del Sole 24 Ore sulla qualità della vita compie 30 anni. Si tratta di un’analisi precisa e dettagliata, basata su evidenze statistiche certe, non aggiustabili, né adattabili alle necessità. Dipinge un quadro impietoso della nostra provincia, che si piazza al 102° posto su 107 nella classifica generale. Evidentemente, c’è qualcosa che non va e che va corretto senza più tentennamenti, rompendo la congiura del silenzio e delle reticenze, frutto di convenienza, paura e non conoscenza.
Siamo al 92° posto per tasso di mortalità, peggio di Crotone e Messina. Ottantesimi per mortalità da tumore. Sessantatreesimi per quella da infarto. La speranza di vita, calcolata rispetto alle aspettative dei nati tra il 2002 e il 2017, ci colloca al centesimo posto: peggio di Taranto. La ricettività ospedaliera si classifica al novantanovesimo posto. Bruttissimo il dato della migrazione sanitaria, laddove un cittadino su quattro si ricovera in altri ospedali pubblici, senza considerare che il dato sarebbe anche peggiore se si sommasse il numero dei pazienti che per curarsi si rivolgono ai privati pagando di tasca propria. Viterbo inoltre è sotto la media nazionale per numero di medici di famiglia, pediatri e geriatri. Si registrano infine consumi di molto sopra la media relativamente ai farmaci anti diabetici e a quelli contro l’asma e le broncopneumopatie. Nella classifica generale sulla salute la Tuscia è preceduta da quasi tutte le province, compresa Reggio Calabria.
Un quadro drammatico, come si vede, che dimostra la necessità di un grande intervento ambientale di prevenzione. Aria, acqua e suolo devono essere monitorati: c’è infatti forse qualcosa che ci danneggia. Si abbia allora il coraggio di scavare nelle cause di questa situazione, di correggere ciò che non va, di regolamentare o proibire tutto ciò che danneggia il nostro ambiente. La salute è un bene primario che va tutelato dall’ente pubblico. Basta menefreghismo sui composti pericolosi nell’acqua e sull’uso non regolamentato di sostanze pericolose nelle colture, che sedimentano nel suolo e nell’aria.
A tutto questo si associa, come visto, una sanità non adeguata, non solo quantitativamente, ma anche qualitativamente. I viterbesi che se ne vanno in altri ospedali aumentano ogni giorno anche per patologie banali: rimettiamo in discussione, allora, le scelte fatte. La qualità non può essere subordinata all’appartenenza e la professionalità non può essere commisurata all’amicizia con Tizio o Caio. Così facendo si coltivano gli orticello privati, ma si secca la prateria della salute di tutti.
Serve una mentalità nuova, una condivisione ed una partecipazione vera nella programmazione e nell’organizzazione, mettendo al centro ciò di cui hanno bisogno i cittadini, non ciò che serve a chi sta nelle stanze dei bottoni. Nella sanità va rimesso al centro il merito, senza filtri e senza scorciatoie. Più fatti che non “carte” e “percorsi”. Espedienti di immagine, questi, ad uso di alcuni, che non guariscono, né curano i malati. I dati statistici del Sole urlano questa verità.
A Viterbo chi critica questo stato di cose viene additato come il male assoluto, continuando a negare la realtà che i cittadini vivono sulla loro pelle. Smettiamolo con questa assurda battaglia contro la verità è l’evidenza. Non si può dire che i cittadini migrano altrove perché gli sta bene così e che il problema è l’invecchiamento della popolazione. Piantiamola di dire fesserie: non servono scuse per invertire la rotta, ma professionisti capaci e competenti che migliorino la nostra salute.
Apriamo le porte, facciamo entrare aria nuova: fuori la politica e dentro le competenze. Si è detto che dal 2015 le cose sarebbero migliorate, tutte falsità: sono peggiorate. E la colpa di chi è? Dei malati a cui farebbe comodo andarsene o magari morire prima? C’è un limite a tutto, basta fare affermazioni così vergognose.