
Il Comune di Viterbo ha fatto pignorare i conti correnti di Talete, che ora sono bloccati. La società in questo momento non può pagare neanche gli stipendi ai dipendenti. Paralizzate tutte le attività. Palazzo dei Priori ha dato il via in questo modo al recupero dei crediti vantati in seguito all’ormai famoso passaggio della vecchia Robur all’interno del gestore idrico provinciale. Parliamo di 4 milioni e 750 mila euro. Quanto accaduto è l’epilogo di una vicenda che si trascina da anni, ma che ha avuto l’impennata negli ultimi mesi allorché il giudice ha rigettato definitivamente le opposizioni di Talete alle richieste del Comune.
La situazione è a dir poco paradossale se si pensa che lo stesso Comune di Viterbo, socio più importante di Talete, è il soggetto che, tramite un accordo trasversale con la sinistra del Pd (Panunzi), ha votato il nuovo consiglio di amministrazione, eleggendo Andrea Bossola alla carica di presidente, dopo aver raggiunto a fine anno l’accordo sul vecchio. Insomma, da una parte Arena ha voluto partecipare alla spartizione delle poltrone e dall’altro ha deciso di mettere gravissima difficoltà tutto il personale impiegato alle dipendenze della società.
Per venerdì è fissata la prima riunione del nuovo consiglio di amministrazione e si annuncia bufera. Da Palazzo dei Priori filtrano nel frattempo notizie di un’imminente riunione per fare il punto della situazione. La frittata però è fatta e ciò che lascia perplessi è il fatto che il pignoramento, sebbene atto obbligato dopo l’ultima sentenza del giudice, era possibile disporlo nell’arco di tre mesi dalla deliberazione di giunta (avvenuta ad aprile) che lo ha autorizzato. In altre parole, ci sarebbe stato ancora un po’ di tempo per cercare una soluzione che salvaguardasse almeno i posti di lavoro. E invece, mentre partecipava al banchetto delle nomine, Arena metteva tutto in mano agli avvocati. Come fare una cosa con la mano destra e disfare tutto con la sinistra.
Da notare che sempre il Comune di Viterbo è stato determinante nella decisione di aumentare le bollette dell’acqua per far entrare – così si era detto – nelle casse della società la liquidità necessaria a garantire l’erogazione del famoso mutuo di 35 milioni necessario per pagare i debiti e avviare il piano degli investimenti. Nulla di tutto ciò è avvenuto, a parte appunto l’aumento delle tariffe. Del finanziamento di Arera si sono perse le tracce e ora arriva questo colpo di scena che politicamente, al di là delle conseguenze pratiche che si manifestano nella paralisi della società, la dice lunga sul modo di agire senza capo né coda della maggioranza Arena.