Finisce tra le polemiche una gita al Parco dei mostri di Bomarzo alla quale partecipavano 130 bambini della scuola dell’infanzia di Soriano del Cimino. Invece del Parco, quello con la “P” maiuscola, i bambini – tutti dai 3 ai 5 anni – si sono dovuti accontentare di visitare il più modesto parco vicino all’ingresso del Sacro bosco. Per poi fare ritorno a casa.
La storia è finita sul Corriere della Sera (CLICCA QUI PER LEGGERE L’ARTICOLO): da una parte ci sono i genitori dei bambini, che accusano di scortesia e sgarbatezza gli addetti alla biglietteria; dall’altra il Parco, che invece difende a spada tratta il proprio personale: nessuno è stato scortese – dice l’ufficio stampa -, gli addetti hanno cercato di venire in contro il più possibile alle responsabili delle classi.
Succede tutto venerdì mattina. I piccoli, arrivati da Soriano insieme alle maestre e a una dozzina di genitori, sarebbero riusciti ad acquistare i ticket per la visita solo dopo una lunga attesa perché al loro arrivo, secondo il racconto di chi li accompagnava, la biglietteria era ancora chiusa. Ultimata questa operazione, poi, in 130 si sarebbero dovuti mettere in fila per timbrare il tagliando, uno a uno. Regole troppo rigide per bambini di quell’età, sostengono sempre i genitori. Le maestre allora avrebbero cercato di spiegare che era già tardi (a mezzogiorno dovevano ripartire), ma senza successo. “Ci hanno risposto che quelle erano le procedure e che se volevamo potevamo andarcene”. Cosa che poi è avvenuta.
Diversa la versione del Sacro bosco di Bomarzo, riportata sempre dalle colonne del Corriere della Sera: “Il nostro staff era all’interno della struttura già dalle 8. La scolaresca doveva arrivare per le 9.30, ma si è presentata alle 10 con pretesa di raccogliere uno ad uno i soldi di tutti i 130 partecipanti, anche con monete da 20 e 50 centesimi, bloccando completamente la biglietteria. Finalmente quando le maestre hanno consegnato i soldi, le cassiere hanno dovuto contare 130 ingressi da 6 euro in moneta prima di consegnare i biglietti che, come in ogni spazio espositivo del mondo, dovevano essere timbrati”. Nessuno è stato invitato ad andarsene: “Gli adulti si sono infuriati e hanno deciso di non entrare, con conseguente restituzione di tutte le monetine usate per il pagamento”.
E i bambini? “Dopo aver giocato un po’ nel parco lì vicino, sono tornati tutti a casa delusi. Abbiamo dovuto raccontare una bugia: gli abbiamo detto che il Parco era chiuso”, concludono i genitori.