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Home » Politica » “La Resistenza non è monopolio dei comunisti”

“La Resistenza non è monopolio dei comunisti”

25 Aprile 2019

Da Antonella Bruni riceviamo e pubblichiamo.

Prendo spunto dall’indecoroso episodio svoltosi questa mattina a Viterbo, a piazza del Sacrario, durante le inconsulte esternazioni del presidente dell’associazione partigiani di Viterbo, Enrico Mezzetti, che hanno provocato le giuste reazioni di un membro delle associazioni combattentistiche (e il loro successivo allontanamento), sdegnato dall’uso improprio della circostanza a fini di bassa propaganda politica degna della peggiore sinistra.

Non ho cariche istituzionali, né scheletri nell’armadio, pertanto posso liberamente esprimere alcuni concetti che mi sembra opportuno precisare.

La nostra Costituzione non parla di partigiani, bensì di antifascismo e infatti il tentativo da parte di alcuni costituenti comunisti di inserire nella carta costituzionale, all’art. 50, il diritto di resistenza fu impedito. In realtà, il diritto di resistenza è intrinsecamente contenuto nell’art. 1/Cost. quando sancisce che “la sovranità appartiene al popolo”, inteso come singolo cittadino e non al generico popolo nel suo insieme. Concetto ribadito dal combinato disposto dell’art. 4 del DL 288/1944, che addirittura legittima la resistenza ad un comportamento arbitrario di un Pubblico Ufficiale. Persino i militari possono disobbedire ad un ordine manifestamente illegittimo (art. 4 Legge 382/1978).

Tutto questo per inquadrare un concetto maldestramente strumentalizzato, ovvero che il monopolio della resistenza, intesa come diritto di libertà, apparterrebbe all’Anpi (Associazione nazionale partigiani d’Italia), i cui originari aventi titolo sono ormai pressoché scomparsi, ma i cui pretestuosi eredi autoproclamatisi persistono nel gestire, ai propri esclusivi fini, certamente non di interesse generale.

Piaccia o non piaccia, la cosiddetta “guerra partigiana”, ha avuto un’influenza minima sulle operazioni belliche che portarono alla sconfitta delle forze nazifasciste. In realtà noi dobbiamo la libertà alle forze alleate angloamericane, questo non lo dico io, bensì qualsiasi storico obiettivo e competente, tra i quali mi limiterò a citare l’ottimo Denis Mack Smith, recentemente scomparso e specializzato in eventi italici.

Similmente, continuando a piacere o meno, la resistenza italiana, di cui si è appropriata il Partito comunista, ha una matrice diversificata, poiché comprendeva esponenti e militanti liberali, socialisti, democristiani, monarchici ed anarchici.

Di certo e indiscutibile c’è, invece, l’uso criminoso che il Partito comunista fece delle proprie formazioni partigiane, con la spaventosa mattanza, perpetrata durante e soprattutto dopo la fine delle ostilità, il cui numero di morti non sarà mai accertato con certezza, ma sicuramente oscilla dai dodicimila ufficializzati nella relazione Parri, ai molti di più indicati da Gianpaolo Pansa, storico comunista, ma dotato del dono dell’obiettività ed onestà intellettuale, che  infatti, alle varie presentazioni dei suoi interessanti libri (“il sangue dei vinti” tra tutti), fu oggetto di ostracismo ed intimidazione da parte di suoi ex sodali, evidentemente allergici alla verità.

Personalmente non festeggio la resistenza come intesa dai residui del comunismo, per me la liberazione è sinonimo di libertà da qualsiasi concetto illiberale, da qualsiasi strumentalizzazione a scopi di bassa partitocrazia. La valutazione degli eventi storici spetta agli studiosi documentati e obiettivi, non a grotteschi epigoni in sedicesimo del procuratore comunista Vysinskij, noto fucilatore degli oppositori politici di Stalin, certamente in nome del concetto che loro hanno della libertà…

Sicuramente occorre fare i conti con la storia e allora ben vengano le norme contro la restaurazione di regimi liberticidi, ma se poniamo giustamente  il veto ai nostalgici di Adolfo e Benito, se vietiamo il saluto romano e i partiti fascisti, come possiamo accettare pugni chiusi e riferimenti al comunismo che, da sempre e ovunque, quando è stato malauguratamente instaurato, ha prodotto solo miseria, schiavitù, arretratezza e milioni di morti, mai accettando di andarsene pacificamente, ammettendo la propria definitiva e indiscutibile sconfitta e chiedendo scusa alle sue vittime.

“Ciao belli” è il moto spontaneo che mi viene per apostrofare questi sinistri affabulatori, vittime di se stessi e della propria incapacità di accettare il fondamentale principio di libertà, ovvero il rispetto delle opinioni altrui che, pur non condividendole, vanno comunque difese. Per lo stesso principio per me sono cittadini e soldati italiani, degni di rispettosa memoria anche i massacrati nelle foibe, i leoni della Folgore morti a El Alamein i caduti della Repubblica sociale. Se per questo i sinistri alla Mezzetti e compagnia bella, nonché i loro epigoni e dante causa, mi considereranno una qualunquista, un’assertrice del relativismo assoluto, una nemica della democrazia, come da loro intesa, me ne f…., ovvero me ne farò una ragione, continuerò a dormire sonni sereni, ma mi dichiaro, fin da ora, orgogliosa del loro giudizio, orgogliosa come una Leonessa figlia della Viterbo che amo.

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