Gli arresti che, nell’ambito di un’indagine sulla sanità, stanno sconvolgendo in questi giorni l’Umbria e il locale Partito democratico richiamano alla mente vicende di cui spesso si parla anche a queste latitudini. A Perugia le manette sono scattate attorno ai polsi dei vertici della sanità e del partito con l’accusa di gestire in maniera clientelare le assunzioni nelle aziende ospedaliere. Le carte dell’indagine parlano di presunti concorsi truccati, addirittura di risposte alle domande delle prove consegnate ai prescelti il giorno prima dell’esame. Tutto sotto la regia della direzione generale, a sua volta pilotata dalla politica. In poche parole, i politici avrebbero ordinato e le direzioni generali avrebbero eseguito per evitare di essere rimosse.
A Viterbo spesso si è sentito parlare di procedure non proprio trasparenti per la selezione del personale in sanità. Finora però nessuna inchiesta ha toccato nessuno. Eppure, i sindacati insistono rappresentando situazioni nel reclutamento e nella gestione del personale non propriamente trasparenti.
Al di là di come stanno le cose, è dunque arrivato il momento, dopo quello che è accaduto a Perugia, di aprire una profonda riflessione anche da noi. La politica è chiamata, anzi obbligata, a fare un passo indietro. La gestione della sanità non può e non deve essere condizionata dal primo signorotto di turno che si ritrova a ricoprire un incarico politico. Questo deve essere chiaro una volta per tutte, anche a tutela del signorotto o dei signorotti di cui sopra che prima o poi potrebbero incappare in chi gli ci fa sbattere il muso. E anche a tutela dei livelli dirigenziali, che non possono per nessuna ragione al mondo consentire la prevaricazione delle proprie competenze.