Occhi sgranati, volti che sbiancano, il rumore di mascelle che cadono. Davanti a questa scena l’opposizione non infierisce neanche. Il capogruppo del Pd dice di essere “umanamente” vicino al sindaco. Arena incassa, stavolta non può fare altro. Tutti sanno che la figuraccia passerà alla storia. Tra dieci, venti, trent’anni si parlerà ancora di quella volta che l’amministrazione Arena stava per mettere in vendita la sede dei Facchini. Perché l’ex chiesa di Santa Maria della Pace non è solo il luogo dove si svolgono le prove di portata, ma rappresenta una sorta di quartier generale per i cavalieri di Rosa. “Un luogo dal valore enorme non solo per la città”, ha detto Barelli riferendosi al riconoscimento come patrimonio dell’umanità di cui si fregia il Trasporto, e di riflesso, con una piccola forzatura, tutti ciò che lo accompagna. Di approssimazione, ha parlato invece il consigliere Erbetti.
Un refuso su una proposta di emendamento al bilancio sottoscritta dai capigruppo Bianchini (FdI), Marini (FI), Salcini (Lega), Santucci (Fondazione). Il documento forse più atteso di questo bilancio: la chiesa scambiata per un deposito. La bomba esplode nelle mani della maggioranza senza preavviso. Nessuno sembra crederci: “Ma no, che dite. Si tratta di un’altra chiesa”. A Viterbo d’altronde ce ne sono tante. Una vale l’altra, no? “Un errore”, ammette alla fine il sindaco, che si scusa. Prima però manda i vigili urbani a controllare i numeri civici in piazza Luigi Concetti. Qualche consigliere tenta di anticiparli controllando su google map. Altri, a gruppetti, consultano gli atti sperando di trovare una via d’uscita, che non c’è. “Ovviamente propongo di ritirare l’emendamento”, chiosa il sindaco.
Con la vendita scampata dell’ex chiesa della Pace salta tutto il piano di alienazioni con il quale il Comune sperava di incassare 4 milioni di euro da reinvestire in nuove opere. Tutto in archivio, senza aggiungere altro. Come se quei soldi, all’improvviso, non servissero più. Quattro milioni in più o in meno che volete che siano. Una maggioranza completamente allo sbando.