Fitofarmaci, diserbanti, sostanze nocive per l’uomo e per l’ambiente. Tutto tace però nella Tuscia, si fa finta di niente, mentre invece a Orvieto, di fronte alla possibilità che la nocciolicoltura possa stravolgere l’ecosistema di quelle zone, si mobilitano associazioni, enti, istituzioni e privati cittadini.
E’ di qualche giorno fa un convegno proprio sul tema della monocoltura intensiva dei noccioli, che sta colonizzando il territorio orvietano, dell’Alta Tuscia e parte della Maremma Toscana. Molti i cittadini, gli agricoltori e le associazioni che hanno sollevato dubbi sulle conseguenze e sugli impatti ambientali, economici e sociali che tali trasformazioni possono avere.
Ma a Viterbo, come detto, nulla. Tacciono le amministrazioni comunali, compresa quella di Viterbo, più volte sollecitata a prendere posizione sull’argomento. Tacciono la Provincia e la Comunità montana dei Cimini. Eppure, il problema in questa provincia è ben più grave che nell’Orvietano. Tutto questo silenzio mentre si moltiplicano gli appelli della comunità scientifica affinché si ponga un limite alle coltivazioni intensive che, se da un lato producono effetti positivi sulla esangue economia locale, dall’altro mettono a dura prova la salute di migliaia di persone.
“Niente, sia chiaro, contro le nocciole – ha detto recentemente la regista Alice Rohrwacher in una lettera aperta ai governatori delle Regioni Umbria e Toscana. Non credo che di per sé questa sia peggiore di altre monocolture. Ma sono sgomenta di fronte alla vastità e alla pervicacia di un fenomeno che tutto ha invaso, dal bacino del lago di Bolsena all’Affina e alla Maremma. Il cuore del paesaggio italiano si sta trasformando in una monocoltura perenne, che sta cancellando ogni cosa. Non sto parlando della somma di tanti piccoli ettari dove economie familiari investono per integrare i propri redditi agricoli ma di grandi multinazionali che plasma.no e trasformano interi territori. Addirittura, molti piccoli contadini e allevatori con cui mi sono confrontata durante le riprese dei miei film hanno sempre più difficoltà ad accedere alla terra per svolgere le loro attività, perché tutto il suolo fertile viene venduto a caro prezzo per questa unica grande monocoltura”.
Ecco, sarebbe il caso di incominciare a riflettere di tutto ciò anche in provincia di Viterbo. Sarebbe il caso di intervenire per disciplinare l’uso dei veleni che vengono utilizzati per rendere rigogliose le coltivazioni intensive.