Ha fatto scalpore, nei giorni scorsi, la vicenda delle analisi gratis, e senza prenotazione, a favore di parenti e amici degli amici presso il reparto di medicina protetta dell’ospedale di Belcolle. Due le persone denunciate, il dirigente medico e un’infermiera. Furbetti del ticket, si è detto, che avrebbero causato alla Asl un danno di circa 14 mila euro.
Oggi, a distanza di giorni, fa però scalpore anche e soprattutto l’atteggiamento della Asl, dove – ed è la seconda volta in pochi mesi – per scoprire le cose che non vanno devono intervenire le forze dell’odine. Ci si chiede dunque: perché all’interno dell’azienda non sono stati messi e non vengono messi in atto meccanismi di “autodifesa”. Perché non esiste un sistema di controlli che avrebbe dovuto e dovrebbe impedire il verificarsi di fatti di questo tipo? E se esiste perché funziona male? Possibile che debbano intervenire le indagini giudiziarie per scoperchiare la pentola?
E’ legittimo credere che quanto accaduto a medicina protetta sia una prassi che riguarda anche altri servizi della Asl. Quante sono – ci si chiede allora – le persone che saltano la fila o che non pagano il ticket ad esempio nel settore della diagnostica o in quello delle visite specialistiche?
Dopo quest’ultimo caso, ci si attendeva dalla Asl, al di là dei comunicati di rallegramento con l’operato delle forze dell’ordine, una presa di posizione più decisa. Ci si aspettava che si fosse affrontato finalmente il problema dei controlli interni, che si fosse andati a scovare le falle, che ci si fosse attrezzati per verificare cosa accade in tutte le altre sfere dell’azienda. E invece niente. Ci sono – e se ci sono chi sono – medici, infermieri e capisala che si approfittano? Che abusano del loro ruolo per avvantaggiare parenti e amici? L’esperienza dice che quella del favoritismo è una pratica diffusa alla Cittadella e a Belcolle. Perché la direzione generale non prende le opportune contromisure.