“L’esposizione a erbicidi a base di glifosato (Gbh), incluso il Roundup, quello più usato al mondo, ha causato diversi effetti sullo sviluppo e il sistema riproduttivo in ratti sia maschi che femmine, anche con dosi attualmente considerate sicure negli Usa”. E’ quanto riporta ilfattoquotidiano.it citando il risultato a cui è giunta la fase pilota di uno studio sul diserbante condotto dall’Istituto Ramazzini e da una rete di partner scientifici.
Va detto che si tratta di una ricerca ancora allo stato iniziale e che non si parla di possibili effetti sull’uomo. Ma è evidente che se si sommano questi risultati al giudizio che classifica questo diserbante come “potenzialmente cancerogeno” (vedi nel 2015 il parere dell’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro) , non fanno che aumentare i timori e i dubbi legati al suo impiego in agricoltura.
Una sostanza, il glifosato, che è ampiamente utilizzata anche nella Tuscia. I campi trattati in questo modo si riconoscono perché si tingono di colore giallo. Ma trova impiego anche nei campi fotovoltaici, per eliminare l’erba che disturba l’attività dei pannelli.
Il glifosato e il suo formulato Roundup – prosegue ilfattoquotidiano.it – hanno mostrato effetti avversi per lo sviluppo e il sistema riproduttivo anche a dosi sicure, come la dose giornaliera ammissibile (dga) attualmente consentita negli Stati Uniti (anche per i bambini), pari a 1,75 microgrammi al chilo di peso corporeo. “Bisogna però tenere conto – spiega a ilfattoquotidiano.it Daniele Mandrioli, ricercatore dell’Istituto Ramazzini – che in Europa la dga è fissata invece a 0,5 mg/kg. Da qui la necessità di procedere con gli studi per verificare se gli effetti finora osservati, siano riscontrabili anche con dosi minori, come quella consentita in Europa”.
L’esposizione al glifosato è stata associata, in particolare, ad alcuni effetti androgeno-simili, incluso un aumento statisticamente significativo della distanza tra ano e genitali (agd) sia nei maschi sia nelle femmine, oltre a un ritardo nel primo estro e un aumento del testosterone nelle femmine. “La distanza tra ano e genitali – aggiunge Mandrioli – è un parametro significativo per valutare le sostanze che agiscono come interferenti endocrini già a livello prenatale e sono in grado di alterare il normale sviluppo del feto”.
L’aumento di testosteronenelle femmine con effetto “mascolinizzante” indica che l’equilibrio ormonale normale è stato alterato verso “un aumento di quei caratteri più tipici del maschio”. Si tratta di effetti misurati su entrambi i sessi, ma che risultano più evidenti nelle femmine. “Uno studio a lungo termine sui Gbhs a partire dalla vita prenatale è ora necessario per confermare e esplorare le prime evidenze sulle alterazioni endocrine e sullo sviluppo emerse nello studio pilota” dichiara Fiorella Belpoggi, direttrice dell’area ricerca del Centro per la ricerca sul cancro Cesare Maltoni dell’Istituto Ramazzini.