Territori trasfigurati li ha definiti la regista Alice Rohrwacher nella sua lettera-appello ai presidenti di Regione di Lazio, Toscana e Umbria. Ci sono zone della Tuscia la cui natura è stata completamente stravolta per fare spazio alla coltivazione intensiva dei noccioli. Un esempio? La Valle del Tevere, dove in una zona vocata per il pascolo e colture estensive non irrigue, sono spuntati frutteti a perdita d’occhio.
Lo dice il dossier “Stop pesticidi”, presentato nei giorni scorsi da Legambiente. Un documento in cui si parla delle monocolture diffuse sul suolo italiano e delle conseguenze che generano nel territorio: maggior impiego di fitofarmaci, consumo della falda acquifera, trasformazione del paesaggio e degli habitat naturali.
Si parte dalle Langhe alle zone del Prosecco. Fino ad arrivare alla Tuscia e alla monocoltura del nocciolo, sostenuta e promossa – come abbiamo raccontato in un altro articolo che potete leggere cliccando qui – “anche con contributi pubblici e da orientamenti politici poco sensibili alle caratteristiche dei territori e delle coltre tipiche”.
“E così – aggiunge Legambiente nel rapporto – centinaia di ettari di noccioleti sono impiantati in particolare nella valle del Tevere prevalentemente vocata per il pascolo e colture estensive non irrigue”.
Il dossier ricorda i danni che la coltivazione intensiva delle nocciole ha prodotto a questo territorio, citando il caso del lago di Vico , “dove la coltivazione della nocciola e i trattamenti ad esso connessi hanno provocato l’eutrofizzazione del lago. I noccioleti inoltre sono irrigui con conseguente depauperamento delle falde”. “Queste enormi estensioni – prosegue il dossier – stanno trasformando ambiente ed economia, mettendo a rischio la piccola agricoltura e il valore del nocciolo quale prodotto tipico”.
Legambiente ricorda, infine, l’attività che sta portando avanti sul territorio il Bio-distretto della Via Amerina e delle Forre per cercare di arginare questo fenomeno: “Oltre alla regolamentazione dell’utilizzo dei prodotti fitosanitari, il Bio-distretto ha lavorato in questi anni a creare una forte sensibilità rispetto al tema dell’espansione della corilicoltura e delle problematiche ad esso connesse”, spiega il dossier “No pesticidi”.
Una battaglia, come ricordato da più parti, che non è contro la nocciola, risorsa e prodotto tipico della Tuscia, e neanche contro i coltivatori, ma contro politiche ambientali poco attente al territorio e alle comunità locali e contro l’abuso di prodotti chimici in agricoltura.