
Certa stampa di provincia, per fortuna molto limitata, pensa che la lotta alla mafia sia un gioco da pennivendoli avvezzi più alle parole che ai fatti, più agli articoli scontati che alle battaglie concrete, quotidiane, di indagine e denuncia; di testimonianza e di esempio.
E’ per questo che occorre una stampa libera ed autorevole. Una stampa che non possa essere tacitata perché vive di pubblicità e soldi pubblici. Una stampa che, in certe occasioni pubbliche, non sia costretta a segnalare le presenze di taluni e ad ignorare quelle di altre. Una stampa che informa e cerca la verità, non una stampa che passa veline di comodo del potente o del forte di turno; che ignora la realtà e la falsa con resoconti ad uso e consumo dei paganti. Non fa bene a nessuno un’informazione che ignora le battaglie vere e sostiene o inventa quelle di chi si accoda per ultimo. Non serve a nessuno una stampa che pensa, a comando, di poter sottomettere tutti con la forza, l’arroganza e la protervia della propria megalomane visione. Alterare la realtà, perseguire gli interessi dei potenti paganti, sostenerne gli attacchi al di là della realtà stessa e cercare la sottomissione con la gogna mediatica o con la macchina del fango non è una stampa libera e seria. Di certo, questa stampa non e non può essere una testimonial dell’antimafia.
Questa informazione distorta ed asservita inquina la vita pubblica, diventando un prerequisito, come dicono i testi delle relazioni antimafia, per il radicamento mafioso, ossia contribuendo a creare un clima di sottomissione, paura ed omertà. Questi pochissimi soggetti esistono anche a Viterbo, forse a loro insaputa, perché l’abitudine a servire chi paga li porta a pensare di poter fare i pennivendoli anche su un tema serio e delicato come la lotta alla mafia. Speriamo che se ne rendano conto e che almeno sulle vicende importanti provino ad essere seri e liberi. La speranza è l’ultima a morire.