Le regole vanno rispettate. A garanzia di ognuno e per il bene di tutti. Quelle che si è dato il Partito democratico in questa ottica sono un patrimonio importante, non solo perché disciplinano il funzionamento della struttura interna, ma anche perché, essendo frutto di un percorso appunto democratico, richiamano al senso di responsabilità la classe politica che si candida ad amministrare il Paese.
Le regole del Partito democratico affermano che chiunque si senta leso nei propri diritti, se ritiene di avere ragione, può ricorrere in prima istanza alla commissione di garanzia regionale, quindi presentare, in seconda istanza, ricorso a quella nazionale. Chi non seguisse questo iter arrecherebbe un grave danno all’intera comunità del Pd.
Detto questo, sarebbe sorprendente se qualcuno, sospeso dalla commissione di garanzia regionale per aver violato le regole, non si rivolgesse, se crede di stare nel giusto, alla commissione nazionale. Sarebbe sorprendente soprattutto se questo qualcuno, per farsi annullare la sospensione, tentasse di nuovo di passare attraverso la commissione di garanzia regionale (il primo grado di giudizio), la quale, mutata nel frattempo nella sua composizione interna, potrebbe chiudere un occhio. Sarebbe sorprendente ancor di più se tutto ciò accadesse alla vigilia di un appuntamento cruciale qual è quello delle primarie e fosse finalizzato ad avere il via libera per una candidatura nella lista di riferimento.
Ovviamente questo qualcuno, e con lui i suoi eventuali sodali, se ragionasse così avrebbe fatto i conti senza l’oste. Sarebbe infatti presentato immediatamente un ricorso al Tar per chiedere lo stop delle primarie nel Lazio. Il danno sarebbe enorme per tutti. Hai voglia a parlare di unità: se le regole fossero violate ci si troverebbe di fronte ad una dichiarazione di guerra senza precedenti che devasterebbe tutto il Pd.