A Viterbo non c’è la mafia, ma solo delinquentelli. Parole del sindaco Arena. Incredibile, ma vero. Come nel profondo Sud, anche a Viterbo si nega l’evidenza, si prova a minimizzare, a irridere magistrati e forza dell’ordine, a cui invece deve andare il nostro grazie. Grazie. E ancora grazie.
Si cerca di esorcizzare forse un’ansia interiore, una preoccupazione, una paura… ma di cosa? Di chi? E perché? L’indagine, ricordiamolo, è stata condotta dai Carabinieri di Viterbo, coordinati dalla Procura antimafia di Roma, quella di mafia capitale, quella che non ha inseguito i delinquentelli qualsiasi, ma che ha fatto voltare pagina alla città. Vi sembra possibile che questa Procura a Viterbo, come dice il sindaco, abbia perso tempo con dei delinquentelli?
La verità è un’altra: due anni di indagini scrupolose hanno reso palese uno spaccato terrificante; hanno portato alla luce l’esistenza di un sodalizio radicato e ramificato, che si muoveva nel mondo dei compra oro, delle discoteche, dei trasporti, dell’agroalimentare e dei rivenditori di auto. Sono emerse minacce, intimidazioni ed estorsioni: roba che dovrebbe far tremare i polsi a chi amministra la città; e che dovrebbe indurre a mettere in piedi un corale piano di azione contro le mafie per rendere Viterbo impermeabile a ogni forma di infiltrazione.
Emerge in verità da questa indagine, e le parole del sindaco ne costituiscono una conferma, un tessuto sociale più attento alla forma che alla sostanza, spesso più terrorizzato da ciò che appare che dalla realtà: Un tessuto sociale ipocrita e, come dicono le carte, anche omertoso e reticente. Tutto ciò ci deve spingere ad un azione forte, incisiva senza sconti per nessuno. La magistratura fa bene il suo lavoro, ma anche la politica deve fare bene il proprio dovere. Nella lotta alla mafia bisogna essere inflessibili e per esserlo occorre stare al di sopra di ogni sospetto. Per questo gli amministratori non debbono innervosirsi, né mettere la testa sotto la sabbia come fanno gli struzzi. Devono chiarire invece pubblicamente, perché è un dovere etico, per quale motivo questi criminali parlano di loro e si accaniscono contro di loro. Altri amministravano la città durante le indagini, ma non vengono neppure sfiorati. Questo è un dato di fatto. Ma il nocciolo dei ragionamenti non è dire che “non siamo tutti uguali”, ma sperare di essere costruttori di un fronte unico di no alle mafie, senza se e senza ma.
Caro sindaco, un amministrazione che vuole perseguire l’accattonaggio molesto, che cerca di notte i senza tetto, e che vuole tranquillizzare i viterbesi dalle orde degli extracomunitari, non può e non deve ignorare la presenza mafiosa, che sicuramente atterrisce e minaccia i viterbesi più di un giovane di colore affamato e senza dimora. Caro presidente del Consiglio comunale, spetta a lei il compito di convocare l’assemblea degli eletti senza meline, senza tattiche regolamentari, senza perdere ulteriore tempo: la dilazione nell’affrontare il tema e la sciatta minimizzazione del problema proiettano un ombra, un’opacità, che Viterbo in questo momento non può permettersi.
La verità, pure se complessa e difficile, ci rende liberi e forti e soprattutto liberi dai forti. Cari amministratori, dovete anche voi, al fianco delle forze dell’ordine e dei magistrati, combattere la mafia e rendere a Viterbo all’altezza della sua storia.