“Aldo Moro non è stato ucciso nel cofano della R4, ma in posizione eretta, seduto sul portabagagli posteriore, chi lo ha ucciso lo guardava negli occhi, e gli spara tre colpi a bruciapelo. Poi viene messo a forza nel portabagagli e infine gli hanno sparato i rimanenti colpi”.
E’ la ricostruzione del delitto che ha fatto Fioroni, già presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sul caso Moro, parlando al Centro studi americano di Roma, in un incontro di presentazione del libro “Moro, il caso non è chiuso” di Maria Antonietta Calabrò e dello stesso Fioroni.
“Moro – ha detto Fioroni – è morto dissanguato con una agonia tra i 15 minuti e i 40, per queste modalità è impossibile che chi fa questo non lo ricordi bene: Moretti dice una cosa, Maccari un’altra, così anche la Braghetti. Per questo possiamo ritenere che non sono stati loro ad ucciderlo. Per poterlo uccidere a sangue freddo c’è stato bisogno di un grado di crudeltà non indifferente”.
Fioroni ha ricordato inoltre che “Morucci disse che le bobine con le registrazioni dell’interrogatorio di Moro andarono a finire a Rocco Micaletto, della colonna ligure. Colonna che era comandata da Riccardo Guida colui che uccide Guido Rossa, con una efferatezza che lo pone tra i soggetti che potevano ammazzare una persona a 40 cm di distanza, sparando a qualcuno guardandolo negli occhi. Lui – ha concluso Fioroni – doveva gambizzare Rossa, ma poi torna sui suoi passi e uccide il sindacalista, giustificando il gesto come che avesse poi deciso che meritasse di morire”.