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Home » Politica » Dal rogo di Foggia a Viterbo con le mani ustionate. L’Arci racconta la storia di Lamin

Dal rogo di Foggia a Viterbo con le mani ustionate. L’Arci racconta la storia di Lamin

11 Dicembre 2018

Riproponiamo un articolo uscito nei giorni scorsi sul Manifesto a firma di Marco Trulli (Arci Viterbo).

Un ragazzo, uno dei tanti richiedenti asilo o rifugiati, che ogni giorno frequenta la nostra sede per cercare un posto dove stare, un aiuto per ottenere un documento o qualche indirizzo buono per cercare lavoro, ha bussato forte alla nostra porta. Aveva ferite, ustioni, piaghe sulla maggior parte del corpo. Era tutto dolorante, si lamentava e non riusciva a fare nulla. Io non c’ero, ma me lo hanno raccontato. Me lo ha raccontato Annamaria che lo ha portato subito al pronto soccorso. Dove è stato riconosciuto come codice giallo e medicato d’urgenza.

Lamin, questo il suo nome, è un ragazzo gambiano rimasto vittima del rogo dell’accampamento di Borgo Mezzanone, nel Foggiano, dove il 30 ottobre è scoppiata una bombola di gas e di Badary Secka, un altro ragazzo gambiano, è morto per e ustioni riportate.

Lamin non ha documenti, anche quelli bruciati. Lamin è stato accolto per diverso tempo in un Centro di accoglienza straordinaria a Vetralla, vicino Viterbo,

Il 26 ottobre è uscito dal progetto di accoglienza avendo ottenuto il permesso umanitario, poco più che carta straccia secondo le nuove norme del cosiddetto Decreto Salvini.

Lamin allora è partito per cercare lavoro come bracciante, come tanti fanno, nel Foggiano. Ha trovato un posto con gli altri gambiani a Borgo Mezzanone, nei presso del Cara, dove ha fatto il bracciante per soli due giorni, Lamin.

La notte del 30 ottobre c’è stato l’incendio e dalla allora le sua mani non possono lavorare, non possono stringere altre mani, non gli permettono neanche di essere uno dei tanti sfruttati delle campagne foggiane, Lamin è stato dimesso dall’ospedale di Brindisi, dopo essere stato in cura al centro grandi ustioni. Senza documenti, senza nessun affetto e con la pelle ustionata.

Lamin ha preso un autobus, ha attraversato mezza Italia ed è tornato nel Viterbese, dove forse ha qualche amico, o forse ha sentito in giro che qualcuno poteva aiutarlo.

E oggi è piombato da noi, da Arci Solidarietà Viterbo.

Annamaria ha postato una foto di queste mani sul suo profilo Facebook. Non riesco a guardarle. Eppure è l’impotenza che mi ha suscitato questa foto a farmi venire voglia di raccontare questa storia.

Allora ho chiesto a Davide Dormino di disegnarle e dopo cinque minuti lui mi ha mandato su whatsapp un disegno tutto bruciato di matite e acquerelli. Queste mani ci interrogano su ciò che stiamo facendo.

Su come pensiamo di sopravvivere a un decreto che sta incendiando il paese di odio. Quelle mai stanno lì ad aspettare qualcosa,un segnale, un aiuto, una reazione. Mille o diecimila Lamin sono in giro per il nostro paese, sono stati sgomberati e non avranno tutele, né diritti o un letto su cui dormire stanotte.

Le storie ci piombano dentro casa, ci bussano alla porta sempre più forte. Dobbiamo continuare a raccontarle queste storie che ci esplodono tutte intorno, perché quando passerà questo frastuono potremo dirlo di averlo sconfitto anche con le nostre mani,

Lamin è stato dimesso dal pronto soccorso.

Per stasera Alou e Tapa, due altri richiedenti asilo, si sono offerti di ospitarlo. Dai social è nata una gara di solidarietà e ci sono diverse persone che vogliono ospitarlo. Bisognerà ripartire da qui.

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