In pensione senza aver mai lavorato un giorno. Una fortuna che poteva capitare solo a Vittorio Sgarbi che lascerà il ruolo da funzionario del ministero dei beni culturali con 51 anni di contributi versati pur essendo in aspettativa dal 1985.
“Ero sempre in aspettativa gratuita, non mi pagavano”, ha precisato il critico d’arte al settimanale Panorama che gli ha dedicato la copertina di questa settimana. Non lo pagavano no, i contributi (figurativi) però glieli pagavano eccome.
“In effetti – ha commentato facendo finta di cadere dalle nuvole – è incredibile. Primo: non l’ho chiesto, me l’hanno comunicato. Secondo: vado in pensione con la legge Fornero, ovvero le regole più severe per limite anagrafico”.
Sgarbi ha iniziato a lavorare a 20 anni “come supplente di latino nelle scuole” in provincia di Ferrara, poi ha riscattato i 4 anni della laurea e uno di un corso di perfezionamento. Nel 1977 è diventato “prima ispettore, poi soprintendente dei beni culturali”, ma è accusato di assenteismo e viene condannato per truffa aggravata e continuata e falso ai danni dello Stato, come si racconta nel libro La Repubblica delle banane, dove si ricorda che “per tre anni ha disertato il suo ufficio alla Soprintendenza di Venezia con scuse puerili, dalle malattie più improbabili (tra cui cimurro e cervicalgia) a una fantomatica ‘allergia al matrimonio’, per farsi gli affari suoi: scrivere libri, comparire in tv, frequentare salotti e varie mondanità. Assente e condannato, si è sempre tenuto stretto il suo posto da funzionario pubblico. Rigorosamente in aspettativa. E nel frattempo, come detto, lo Stato gli ha sempre versato i contributi figurativi ed ecco come ha fatto ad andare in pensione con 51 anni di contributi versati.
Sgarbi ha spiegato a Panorama che la sua pensione sarà tra i 2500 e i 3500 euro al mese e rivela di spendere circa 30mila euro tra affitto, assistenti e dipendenti della Fondazione. “La mia lunghissima aspettativa è stata un risparmio per lo Stato. L’hanno avuta tutti, e mi pare giusto perché è una regola democratica”, sottolinea. E riassume così la sua carriera politica: “Mi cacciano sempre. Da ogni posto: cacciato da sottosegretario dall’allora ministro Giuliano Urbani, cacciato da assessore, dal sindaco Letizia Moratti, da alto commissario a Piazza Armerina, da sindaco di Salemi”.