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Home » Politica » “Idrocarburi nei fanghi, rischiamo di contaminare i prodotti tipici”. Lo dice anche un grillino

“Idrocarburi nei fanghi, rischiamo di contaminare i prodotti tipici”. Lo dice anche un grillino

30 Novembre 2018

“Fanghi, peggio del glifosato”. Non ha dubbi il senatore del Movimento Cinque Stelle Saverio De Bonis sulla norma approvata nel decreto Genova che alza il limite di idrocarburi nei fanghi di depurazione destinati al’uso agricolo.

De Bonis lo dice allarmato in una intervista al Salvagente (QUI LA VERSIONE INTEGRALE), dopo essersi battuto in aula contro il provvedimento voluto dal suo stesso governo: “Deve essere chiaro a tutti che in questo modo si mette a repentaglio il made in Italy: se un importatore americano dovesse un giorno scoprire che c’è della diossina nel Prosecco rischieremmo di distruggere una parte importante della viticultura italiana. Se un importatore giapponese dovesse scoprire la presenza di diossine nel Parmigiano Reggiano piuttosto che nel Grana padano metteremmo in ginocchio l’industria casearia italiana. Se un importatore tedesco dovesse scoprire che la nostra frutta o la nostra verdura, concimate con fanghi tossici, contengono residui anche minimi di diossine o altri contaminanti quale sarebbe il danno per l’ortofrutticoltura del Mezzogiorno? Se dopo aver combattuto per anni per l’abbassamento dei livello di glifosato dovessimo scoprire che è condito da benzene e carburanti cosa ne sarebbe dell’industria pastaia italiana? Perché è di questo che stiamo parlando e fa specie che il ministro dell’Agricoltura Centinaio resti in silenzio. Su questi temi avrebbe dovuto fare barricate e invece ha firmato il decreto senza valutare il suo impatto sul made in Italy e sull’economia agricola nazionale”.

Ancora De Bonis: “Queste nuove norme non forniscono alcuna valutazione dei rischi e violano di conseguenza il principio di precauzione previsto dall’Unione europea e in più non sono affatto omogenee alla materia del decreto che era nato per l’emergenza di Ponte Morandi. Ma poi non esistono test di fitotossicità, non si indicano i suoli idonei allo smaltimento né le condizioni globali dei terreni. Non sono previsti limiti di prossimità alle abitazioni o ai corsi d’acqua e le strade e non è assegnato un termine per affrontare l’emergenza. Per non parlar del parere dell’Organizzazione mondiale della Sanità che da trenta anni ha decretato che alcuni di quei composti e di quella sostanze previste nel decreto sono cancerogeni o probabili cancerogeni. Mi pare che di elementi per accendere un allarme sul rischio a cui si sta esponendo la salute pubblica ce ne siano a sufficienza”.

 

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