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Home » Politica » Allarme di Coldiretti: “In atto invasione di nocciole turche con aflatossine cancerogene”

Allarme di Coldiretti: “In atto invasione di nocciole turche con aflatossine cancerogene”

29 Novembre 2018

Da Coldiretti Viterbo riceviamo e pubblichiamo.

E’ in atto in questi giorni una vera e propria invasione di nocciole dalla Turchia, con un aumento del 30% delle importazioni in Italia, destinate a rifornire soprattutto l’industria dolciaria, nonostante i numerosi allarmi scattati in Europa per gli elevati livelli di aflatossine cancerogene. E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti sui dati Istat relativi ai primi otto mesi del 2018, nel sottolineare la necessità di una inversione di tendenza, per difendere la produzione nazionale di nocciole, dopo che la proprietà turca della Pernigotti ha accolto le richieste del Governo italiano di sospendere la procedura fino al 31 dicembre 2018. Le nocciole turche, infatti, non sono affatto controllate, contrariamente a quelle italiane, che subiscono continui controlli da parte delle autorità competenti e risultano sempre e costantemente salubri, eccellenti dal punto di vista qualitativo e, contrariamente a quanto spesso si legge non conoscendo i dati reali, coltivate con pochissimi trattamenti anti-parassitari (massimo tre all’anno), poiché perfettamente adattabili all’ambiente e molto rustiche dal punto di vista dell’adattamento al territorio.

Le importazioni dalla Turchia hanno raggiunto quasi i 21 milioni di chili nei primi otto mesi dell’anno, facendo non solo concorrenza alle produzioni nazionali in forte espansione, ma mettendo a rischio anche la salute dei consumatori, come dimostra l’alta percentuale di irregolarità registrata dal sistema di allerta rapido europeo (Rasff). Nel 2018 sono stati fino ad ora ben 17 gli allarmi scattati in Europa per le aflatossine nelle nocciole turche. Lo spostamento all’estero delle fonti di approvvigionamento della materia prima agricola – precisa la Coldiretti – è spesso il primo passo della delocalizzazione, che si realizza con la chiusura degli stabilimenti e il trasferimento di marchi storici e posti di lavoro fuori dai confini nazionali. Nella Tuscia, la coltivazione della nocciola interessa circa 25.000 ettari e fornisce il 5% della produzione mondiale. L’abnorme richiesta di prodotto sul mercato, non è minimamente soddisfatta dall’offerta e, pertanto, dai dati economici ufficiali, sembra difficile, se non impossibile, che il prezzo delle nocciole italiane possa calare, a meno che non si continui in modo scellerato ad importare prodotti dall’estero, poco controllati e spesso fuori norme sanitarie. E’ infatti da sempre l’import, e non l’aumento delle superfici a livello locale investite in noccioleti, a far scendere i prezzi.  La nocciola, tra l’altro, è una delle piante meno trattate in assoluto, in quanto può subire, se necessario, solo due/tre trattamenti chimici all’anno specifici (un vigneto può arrivare a circa sei/sette, un frutteto a circa sedici/venti, un seminativo a due/tre) e quindi è una delle piante più ecosostenibili, anche in considerazione del fatto che, oggi, è largamente sempre più diffuso l’utilizzo dei mezzi di irrorazione elettrostatici, che permettono alle piante di assorbire il prodotto senza rilasciarlo nell’aria, metodo che sta ormai prendendo piede in quasi tutte le aziende agricole ed è una coltivazione che utilizza diserbanti raramente, solo se ci sono piogge importanti in pre-raccolta e se si decide di non falciare l’erba meccanicamente, pratica per altro sempre più diffusa.

“Sono più di ottomila le famiglie che vivono nella Tuscia grazie alle nocciole e che si stanno impegnando nel produrre un frutto sano, buono e rispettoso del consumatore – precisa il direttore della Coldiretti di Viterbo Alberto Frau – e nessuna famiglia, specialmente con bambini piccoli, desidera consumare prodotti con nocciole turche piene di aflatossine cancerogene; vogliamo solo nocciola italiana e vogliamo che la Tuscia rimanga il principale polo italiano di coltivazione della nocciola italiana; per questo motivo sta nascendo il più grande protocollo di intesa sulla nocciola mai visto tra gli attori della filiera, al fine di incrementare gli impianti solo ed esclusivamente nelle zone vocate, al fine di non aver bisogno di agenti chimici per il contenimento dei parassiti, far assistere gli impianti quotidianamente da una squadra di agronomi specializzati, ridurre ogni tipo di intervento invasivo tramite l’utilizzo di mezzi specifici (cariche elettrostatiche per la distribuzione degli antiparassitari e sfalci al posto dell’eventuale diserbo autunnale) e monitorare i prezzi tramite un ufficio nazionale specializzato; vogliamo creare un vero e proprio polo ecosostenibile della nocciola italiana”.

“Dobbiamo proseguire – continua Frau – la strada intrapresa nel nord Italia dai viticoltori che, tramite l’assistenza agronomica serrata e l’utilizzo di macchinari all’avanguardia, hanno azzerato totalmente i problemi ambientali legati ai trattamenti ed hanno fatto squadra al fine di immettere sul mercato un prodotto straordinario sotto ogni punto di vista; vogliamo prodotto locale, vogliamo lavoro, vogliamo economia, nel totale e continuo rispetto dell’ambiente e vogliamo studi e dati reali, che evitino di portare all’attenzione del pubblico notizie falsate e non supportate da dati scientifici; diciamo no alle nocciole estere, no all’olio di palma, no allo zucchero polacco nelle creme spalmabili! Vogliamo tutelare la salute del consumatore e lo faremo con un progetto che non ha eguali”.

L’Italia – sostiene la Coldiretti – è il primo produttore europeo di nocciole, il secondo mondiale, e può vantare ben tre denominazioni di origine riconosciute dall’Unione europea, la nocciola del Piemonte igp, la nocciola di Giffoni igp, la nocciola romana dop. Un aiuta alla produzione nazionale – conclude la Coldiretti – può avvenire anche aumentando il contenuto di nocciole nelle creme invece di utilizzare grassi di origine diversa come l’olio di palma.

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