La manifestazione degli studenti che si è svolta venerdì (vedi Ansa) si è distinta a Milano per un atto di violenza simbolica che merita di essere condannato recisamente. Bruciare le bandiere di partito è sempre indice di odio politico, da cui può discendere, nel giro breve, un più aspro e pericoloso atteggiarsi polemico. Dalla violenza simbolica di passa alla violenza tout court, quasi per una conseguenza fatale, senza controllo. Non possiamo accettarlo.
L’opposizione a questo governo deve rimanere nei margini della legalità e del buon senso. Non c’è nulla che giustifichi la risposta aggressiva della piazza, fuori da una misura accettabile, contro lo spirito di una sana dialettica sociale e politica. Agli studenti va detto a chiare lettere che hanno sbagliato. Va detto, in particolare, alla stragrande maggioranza di loro che di questi atti sconsiderati non portano responsabilità diretta. Infind va detto agli educatori, perché a scuola deve pur risuonare una parola di ferma riprovazione per l’acquiescenza a un imbarbarimento delle forme di contestazione.
La pubblica opinione ha il dovere di vigilare. In altre epoche si è tollerato, giorno dopo giorno, che la catena di esasperazione e ribellismo crescesse in misura sempre più grande, fino a diventare il prodromo del terrorismo. Altri tempi! Eppure, se non si mantiene alta la diga della tolleranza e del rispetto democratico, quei tempi possono di nuovo materializzarsi. Non c’è un antidoto che faccia da prevenzione automatica alla degenerazione della lotta politica.
L’augurio è che l’episodio milanese possa rimanere un qualcosa di isolato, privo di ripercussioni. Per questo, specie tra i più giovani, occorre favorire un sentimento di genuina reazione alle botte di pericolosa intemperanza.
L. D’U.