Ugolino Conte
Va bene, Astorre si è scusato. La citazione di CasaPound era una “iperbole”. Aveva lo scopo di sollecitare tra i Democratici la consapevolezza attorno alla necessità di un nuovo senso della militanza. Tutto qui, dice l’interessato, mica si suggeriva di iscriversi a CasaPound!
Ora, facciamo finta che la spiegazione sia corretta e sufficiente. Andiamo alla sostanza, vediamo di capire: cosa dovrebbe essere, a giudizio del candidato alla segreteria regionale, il partito di domani? Ecco, è questo che manca nel discorso di Astorre. L’incidente è chiuso, il caso resta aperto.
Non si è mai visto un congresso in cui l’assenza di motivazioni, di proposte, di suggestioni abbia uno spettro tanto largo da occupare l’intera scena del principale contendente. Astorre avrebbe il compito in questa fase della travagliata vicenda del Pd, visto l’appoggio di cui gode da parte del Presidente della Regione, candidato egli stesso ma alla guida del Pd nazionale, di anticipare gli indirizzi della “squadra” zingarettiana. Invece, obliata la politica, ci si rifugia nell’organizzativismo.
Il Pd non rinasce, come parrebbe dalle parole (pur corrette) sulla esemplarità del lavoro “tra la gente” di CasaPound, in virtù di uno forte e rinnovato slancio militante; rinasce, semmai, dalla forza delle idee e dei progetti, per i quali un partito si qualifica agli occhi della pubblica opinione. Entrambi, Astorre e Zingaretti, smuovono l’aria vanamente e sfuggono all’obbligo di una parola costruttiva, in grado di rigenerare un sano interesse per le sorti del Pd.
Non è questa la strada del riscatto.