Nocciole, convocare subito il tavolo nazionale per fermare l’espansione della monocoltura. Lo ha chiesto Rosario D’Acunto, presidente di Città della Nocciola, facendo riferimento al fenomeno che anche nella Tuscia sta assumendo proporzioni preoccupanti. Prova ne sono i nuovi impianti spuntati di recente persino in Maremma, dove la nocciola non è proprio di casa.
D’Acunto è intervento nel corso della 14esima assemblea nazionale dell’associazione che si è tenuta nei giorni scorsi a Castellero d’Asti e a cui erano presenti anche rappresentanti del Lazio.
“Il rischio di nuovi impianti va urgentemente affrontato – ha dichiarato D’Acunto – con una immediata convocazione del Tavolo corilicolo nazionale. Spingere i territori italiani alla coltivazione intensiva avrà un impatto dannoso compromettendo la biodiversità, depauperando ulteriormente le risorse idriche, alterando i paesaggi, riducendo le qualità sensoriali e commerciali e producendo, infine, un serio rischio di calo dei prezzi a danno dei produttori tradizionali con il conseguente abbandono delle aree meno produttive che coincidono con i territori a maggiore rischio idrogeologico e di spopolamento”.
Città della Nocciola è un’associazione nazionale nata nel 2004 che unisce paesi e città produttrici di nocciole le cui comunità sono dedite alla coltivazione, alla lavorazione o alla commercializzazione del prodotto con denominazione di origine. Per la Tuscia ne fanno parte anche 19 Comuni della Tuscia: Capranica, Vignanello, Caprarola, Ronciglione, Viterbo, Vallerano, Sutri, Bomarzo, Carbognano, Soriano nel Cimino, Vitorchiano, Blera, Bassano in Teverina, Corchiano, Gallese, Nepi, Vetralla, Calcata, Oriolo Romano.
Secondo i dati Istat del 2015 nel nostro Paese si contano 71.520 ettari coltivati a nocciolo, di cui 68.600 in produzione. La geografia italiana del nocciolo vede come prima regione produttrice il Lazio, con 45.967 tonnellate annue, di cui 45.000 concentrate nella provincia di Viterbo.