“Chi sa ha il dovere morale di dire chi l’ha ammazzato” un appello ripetuto con forza da Giuseppe Fioroni e sottolineato dal lungo applauso delle tante autorità e ospiti che hanno riempito la Sala Koch del Senato della Repubblica per la presentazione del libro “Moro, il caso non è chiuso. La verità non detta” (Edizioni Lindau) scritto con la giornalista Maria Antonietta Calabrò.
“Non se ne può più”, ha detto Fioroni, che nella scorsa legislatura è stato presidente della Commissione parlamentare d’inchiesta sul rapimento e la morte di Aldo Moro, “vedere i racconti come se fossimo rimasti con l’orologio della storia al 1980 con l’aggravante di dover sopportare che i criminali che hanno ammazzato Moro senza pietà, dopo 40 anni, facciano le star, ci dicano la loro versione e non sentano il dovere morale di dire chi l’ha ammazzato e come l’ha ammazzato. Non basta il perdono e se non sentono il bisogno di dire la verità su quello che è successo, smettano di andare in tv e chi li invita smetta di invitarli perché è troppo”.
Ringraziando calorosamente tutti i membri della Commissione, Giuseppe Fioroni ha voluto sottolineare il lavoro svolto negli anni di attività. “La cosa importante che la Commissione ha evidenziato è che – ha spiegato Fioroni – il memoriale Morucci non era solo il memoriale di Morucci e Faranda ma era un lungo percorso politico e giudiziario che ha sviluppato una trattativa che personalmente capisco e comprendo perché la vicenda del terrorismo in Italia era arrivata ad un punto che bisognava trovare un modo per fermare il fiume di sangue”.
La Commissione ha smontato il “verbale delle verità dicibili” ha detto Fioroni indicando nei dettagli molti dei risultati delle indagini condotte. Sottolineando che “nessuno persegue vendetta, ma per sentirci tutti più liberi invece del silenzio avremmo bisogno di chiarire tre o quattro cose”, Fioroni ha però osservato che sarà difficile “sapere molto di più di quello che siamo riusciti a sapere, perché poi diventa un depistaggio per esagerazione”. “Chi può aiutarci lo faccia – ha aggiunto -, perché una congiura del silenzio rende tutti meno liberi e questo non è all’altezza dell’Italia e degli italiani”.
Rispetto al fatto che le indagini della Commissione e il conseguente libro abbiano “aperto alcuni scenari nuovi che meritano attenzione” ha concordato lo stesso Augusto D’Angelo, docente di Storia contemporanea all’Università “La Sapienza”, che – tra i vari aspetti sottolineati nel suo intervento – ha ricordato la “consapevolezza di Moro della fragilità della democrazia italiana”.
Per Maria Antonietta Calabrò, il sequestro e l’omicidio di Moro “sono stati una vicenda che ha cambiato il corso della storia italiana”, un “delitto che si inserisce dentro una logica del dopoguerra”. Nei giorni del sequestro – ha ricordato – “la linea ufficiale era quella della fermezza, ma varie trattative sono state fatte”. “Nel libro ci sono le prove – per esempio della ‘trattativa vaticana’ andata avanti fino al 9 maggio – ma nessuna di questa è andata in porto ed è risultato impossibile fare uscire Moro vivo” dal covo. Il volume “non è un libro di dietrologia”, ha assicurato Calabrò, che si è detta impressionata “dall’estrema solitudine di Paolo VI, che ha tentato con un trattativa fino alla fine” di salvare Moro: “ha fatto di tutto”.
Posizione sulla quale si è soffermato padre Francesco Occhetta, gesuita e scrittore de “La Civiltà Cattolica” dicendo più volte: “Papa Montini ha fatto di tutto per salvare Moro”. Nel volume “sono tre i capitoli” nei quali “si approfondisce il ruolo della Chiesa” durante il sequestro Moro, “un ruolo in chiaro e a volte in scuro – ha osservato Occhetta – quando la penna sceglie di prediligere la cronaca giornalistica alla ricostruzione storica”. “A questo proposito – ha proseguito – dobbiamo a Papa Bergoglio una nuova spinta alle nuove indagini della Commissione Moro 2”. Il gesuita si è poi soffermato sulla “trattativa vaticana” per salvare Moro. “Montini – ha evidenziato – ha fatto tutto per salvare il suo amico Moro. Per molti anni il Vaticano ha mantenuto il più stretto riserbo sulle azioni di Papa Montini, forse anche per questo è stato accusato di debolezza e immobilismo, ma documenti inediti e le rivelazioni di questi decenni svelano un Paolo VI attivo pronto a fare svelare tutta la sua influenza”.
Secondo padre Occhetta, “Moro lascia due cose alla vita politica e a chi fa politica: il curare la dimensione culturale, cioè studiare e fare sacrificio perché non ci si può inventare; e poi il garantire con la testimonianza che le cose che si dicono si possono vivere in coerenza”.