Nicola Zingaretti, ormai in piena campagna elettorale per la segreteria del Pd, sostiene di voler puntare sul rinnovamento. “E’ tempo di cambiare – afferma – e servono facce nuove”. Si dimentica però di dire che tra le più vecchie in circolazione c’è anche la sua, se è vero che da oltre trent’anni calca la scena politica della capitale, dove ha ricoperto gli incarichi più disparati. Allo stesso modo, non fa accenno al fatto che in questa cavalcata verso il Nazareno s’è circondato di tanto ancien regime, basti pensare a Sposetti e Panunzi, che non sono certo personaggi di primo pelo.
Tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare, afferma il proverbio, ma soprattutto, tra gli slogan a uso e consumo di un elettorato stanco e disilluso e ciò che realmente bolle in pentola nelle reunion di nostalgici e di interessati di cui si circonda Zingaretti, si intravede un deserto di idee che rischia, se davvero dovesse farcela, di ridurre il Pd a un partito sotto il dieci per cento. Non è un caso se in tutti i comizi che fa in questo suo girovagare da una parte all’altra della regione non accenna mai a questioni cruciali per la vita del Paese, né chiarisce quale sarebbe la collocazione, nello scenario politico, del partito eventualmente guidato da lui. Non parla dei rapporti con il Movimento 5 Stelle, forse perché sa che molti, se dicesse di volercisi alleare, non gli andrebbero dietro. Ma così non va bene. Zingaretti deve affermare con chiarezza, subito e non dopo, come intende rapportarsi con i grillini, allo stesso modo deve spiegare se è vero che vuole portare il Lazio ad elezioni anticipate, come si mormora a Roma, per candidarsi in Europa. Se così fosse, si rende conto del rischio a cui sottoporrebbe il partito? E’ consapevole che consegnerebbe la Regione, vinta con tanta difficoltà e al momento baluardo del centrosinistra contro i populismi, pur con tutte le contraddizioni del caso, ai Cinque stelle e alla Lega?
“E’ arrivato il tempo per provarci, è arrivato il momento di lottare – afferma in una lettera a fanpage.it in cui parla dell’appuntamento a Roma del 13 e 14 ottobre – ma dobbiamo cambiare. Per questo Piazza Grande: ci ritroviamo nello spazio comune per eccellenza, la piazza, lì dove si condividono le idee e le lotte, dove si genera comunità”. “Voglio aprire – aggiunge – una fase nuova, diversa da quelle precedenti, inclusiva, dove si possa dialogare, discutere, ma trovare sempre una sintesi e una voce comune. Mettiamo in campo facce nuove e preparate, una squadra più unita. Io vi chiedo di conquistarvi un ruolo da protagonisti in questo percorso”. Tutto giusto, ma giochi a carte scoperte. Dica una volta per tutte, con la chiarezza che serve in passaggi come questo, dove vuole portare il Pd. Spieghi a chi dovrebbe votarlo la sua idea di Paese e di azione politica.

