A parte il fatto che non è per niente normale che uno faccia il vicesindaco con un parente che siede in Consiglio, il caso Sutri è la dimostrazione che il diavolo fa le pentole e non i coperchi. In tutta questa storia la parte del diavolo sembra davvero quella interpretata da Casini, che, mascherato dietro le miti sembianze di un agnellino, ha rinunciato a candidarsi a sindaco pensando di utilizzare Sgarbi per le pubbliche relazioni della sua città con il resto dell’Italia e credendo di riservare per se stesso il ruolo di vero amministratore sul territorio. Che le cose stessero così lo si era in realtà sospettato sin dall’inizio di questa storia, ma ieri sono stati lo stesso Casini e gli altri rappresentanti della maggioranza ad ammetterlo candidamente su Facebook: “A Sgarbi doveva competere l’onore di far conoscere Sutri, a noi doveva spettare l’onere di amministrare la città”.
Ma evidentemente avevano fatto i conti senza l’oste e lo stesso Sgarbi ha dovuto prendere atto di essere stato utilizzato, e anche in maniera subdola dato che nessuno gli aveva probabilmente detto in faccia quello che pensava della sua venuta nell’antichissima città. Allo stato attuale, al di là della posizione di Amori, di cui si occuperà eventualmente la magistratura, per risanare la situazione non resta dunque che una via d’uscita: le immediate dimissioni di Casini da vicesindaco, anche perché la legge – e avrebbero dovuto saperlo bene tutti – come unico responsabile dell’amministrazione conosce solo il sindaco. Tutti gli altri sono contorno.