“Il glifosato è diventato il simbolo dell’arroganza delle multinazionali della chimica e dell’agricoltura industriale. L’argine a questo modello, che compromette, ambiente, salute e futuro, è rappresentato dalla consapevolezza del consumatore e dalle nuove e proficue alleanze con i produttori biologici e di qualità, con lo sporadico aiuto di qualche coraggiosa sentenza che questa volta arriva da San Francisco”.
Lo scrive Bengasi Battisti su Dinamo Press (qui la versione integrale), spiegando la dimensione del giro di affari che ruota attorno al commercio del potente pesticida di cui si è tornati a parlare nei giorni scorsi, dopo la sentenza che per la prima volta stabilisce un nesso causa-effetto tra l’esposizione a questa sostanza e malattie che conducono alla morte.
Da 400 tonnellate nel 1974, a 113mila nel 2014. Tanto è aumentata la vendita di glifosato nel corso del tempo.
“Si stima – prosegue Battisti – che se ne utilizzi 0,5 Kg per ettaro. In Italia nel 2012 ne sono state vendute 1795 tonnellate e rappresenta il 15% fra tutti i pesticidi utilizzati. Un colossale interesse economico per un erbicida ormai strategico anche per la produzione Ogm i cui effetti sulla salute sono noti sia per l’esposizione acuta e sia per la temibile esposizione cronica che anche a piccole dosi determinerebbe gravi interferenze endocrine”.